di MASSIMO CONSORTI –
Confondiamo sempre di più la memoria con i ricordi i quali, come forse tutti sanno, hanno in qualche caso solo la durata della vita di una persona. Mentre il ricordo investe più una sfera personale che, pur se condivisa con altri ha incidenza con il presente, la memoria, se ben conservata e rinfocolata, non incide solo sul presente ma anche, fortunatamente, sul futuro. L’Italia è uno dei paesi al mondo con la memoria storica più breve che ci sia, praticamente quella di un pesce rosso che qualcuno ha calcolato in trenta secondi. Per i pesciolini di casa, insomma, ogni trenta secondi cambia la visione del futuro perché nel frattempo hanno bellamente cancellato ogni traccia del passato. Pensandoci bene, questo assetto esistenziale non è che sia poi tanto male. Se fossimo pesci rossi, in brevissimo tempo cancelleremmo ogni traccia del passato per cui, trovandoci di fronte al Colosseo, ognuno di noi potrebbe dire “Ma quando la finiranno quella costruzione e poi per farci cosa, un centro commerciale?” I fatti di questi ultimi tempi, e ci riferiamo alle incursioni non richieste e non volute in riunioni pacifiche e tolleranti da parte di chi non è né pacifico né tollerante, stanno a dimostrare che la memoria è più breve ancora di quello che qualcuno di noi si aspettasse. Tornano in auge simboli di un passato che avevamo giustamente chiuso nel nostro baule della memoria, un atteggiamento violento e prevaricatore che pensavamo appartenesse a quei simboli e a quelle immagini e che, badate bene, non avevamo assolutamente rimosso ma accantonato come momento storico passato destinato a restare tale. Però la storia non si svolge mai secondo le nostre volontà o i nostri desideri. Lei, la Storia con “s” maiuscola, non tiene conto delle aspirazioni ma dei fatti e i fatti ci dicono che, negli ultimi venticinque anni, in Italia si è realizzato di tutto per cancellare le radici stesse della nascita della Repubblica Italiana con tanto di Costituzione annessa. Ridicolo. Ma sdogana oggi, sdogana domani, i colleghi di Repubblica hanno trascorso un bruttissimo quarto d’ora. E ora qualcuno ci dovrà spiegare quale sia la differenza (parliamo a livello simbolico e non di esito finale) fra quanto accaduto a Roma e quello che accadde a Parigi, nella redazione di Charlie Hebdo, il 7 gennaio 2015.