di REDAZIONE –
Uno arriva a sessantanni e dice: “Me ne faccio una ragione”. Questo significa che cambia radicalmente il rapporto con l’esistenza e si giunge, serenamente, a più miti e anziane pretese. Poi ci sono le eccezioni. L’età non conta, le fisime aumentano così come aumenta la voglia di giocare fino a inventarti cose che non esistono né in cielo né in terra e che finiscono per andare contro te stesso. Alla fine sorge spontanea una domanda: perché? Il caso è assurto alle cronache prima locali poi nazionali tanto che, seguendo i soliti scontatissimi riti populisti, la gente aveva iniziato a chiedersi di che nazionalità fosse il vile aggressore. Trattandosi di acido però, qualcuno abituato a leggere tanto al chilo, aveva azzardato: “Sono albanesi”. Castelfidardo, mitissima e silenziosa città in provincia di Ancona. Al 118 arriva una telefonata nella quale un uomo, in preda a un forte malessere, denuncia di essere stato aggredito sulla porta di casa, di aver ricevuto una bastonata in testa e di essere stato cosparso di acido. Arrivano tutti: ambulanze, carabinieri, vigili del fuoco e vigili urbani. L’uomo viene prontamente soccorso e trasportato d’urgenza in ospedale. I carabinieri ovviamente avviano le indagini. Iniziano a sondare tutti gli ambienti possibili, a entrare nella vita del sessantenne per vedere che tipo fosse e quali scheletri nascondesse ma, da subito non emerge nulla di rilevante, come avrebbe detto Mimì Augello. Lo scenario cambia quando i medici dell’ospedale dicono agli inquirenti: “Guardate che sul corpo del sessantenne non c’è traccia di acido, si tratta solo di acqua bollente, quindici giorni e passa la paura”. I carabinieri mettono allora alle strette la vittima e vengono a scoprire che aveva inventato tutto: non c’era stata nessuna aggressione, solo un incidente domestico durante il quale il malcapitato si era gettato addosso una pentola di acqua bollente, presumibilmente quella della pasta. Crediamo che in fondo le ragioni di tanta scempiaggine siano due. La prima è (sembra) che il signore al momento dell’incidente fosse ubriaco. La seconda che la solitudine a Natale è davvero una brutta bestia. Tanto vale trascorrere le feste in ospedale dove un infermiere per chiacchierare lo si trova sempre.