di MASSIMO CONSORTI –
Ci risiamo, e sembra quasi una dannazione storica. È iniziata ufficialmente la prossima campagna elettorale, ufficialmente perché il presidente Mattarella ha sciolto le Camere, altrimenti, da un po’ di tempo, in Italia la campagna elettorale inizia il giorno dopo le elezioni politiche, e non importa chi ha vinto, i sondaggi sono lì a dimostrarci che gli italiani hanno sbagliato e quindi occorre ricominciare a menare le mani da subito.
Le campagne elettorali sono sfibranti. Di solito se ne esce a pezzi e l’età non c’entra. Ma ci pensate che stress controllare ogni giorno i tweet degli avversari per stare sul pezzo e rispondere a stretto giro di posta? Se un politico italiano dovesse, da solo, affrontare una cosa del genere non avrebbe il tempo neppure per una abluzione. Così, fra portaborse e pseudo-esperti di comunicazione e di fake news, ogni politico ha il suo staff (pagato) solo per rispondere ai twett. Per Facebook è la stessa cosa e meno male che Telegram, Pinterest e Instagram non hanno in Italia lo stesso seguito dei primi due social, altrimenti sai che delirio!
Sono lontani i tempi delle campagne elettorali contraddistinte dal bon-ton. Qualcuno un po’ più in là con gli anni, ricorderà certamente le “democristiane” campagne degli Anni ’60 nelle quali, al massimo, all’avversario si dava del “birichino” e la parolaccia più diffusa era “perdindirindina”. Oggi i politici comunicano a suon di bastonate verbali, violente fino a diventare virulente. Si offende senza ritegno non solo l’avversario ma anche il giornalista impiccione o l’analista che cerca di andare oltre. Regna, il “o con me o contro di me” e tutto per un pugno di voti dati dalla maggioranza degli italiani non “per” ma “contro”. Un altro dato di rilevante importanza sociologica è infatti proprio questo, non si vota più a favore di qualcuno ma contro; non c’è più nessuna valenza ideale né culturale ma solo l’esigenza di distruggere il nemico presunto o costruito come tale da un ufficio stampa solerte ed efficace. Il post-ideologico qualche danno lo ha fatto, il primo, più evidente, è che si è permessa la crescita di una classe politica senza identità per cui, come spesso accade, presunte amministrazioni di sinistra adottano provvedimenti tipici della destra più retriva, e peccato che non accada mai il contrario.
Ma il punto centrale di ogni campagna elettorale che si rispetti è la “promessa”. Da noi abbiamo veri e propri esperti in promesse che sembrano usciti fuori direttamente dal cilindro del prestigiatore (come il coniglio) o dalla sceneggiatura di una fiction. Fino a questo momento, le diverse forze politiche hanno fatto promesse per 130 miliardi di euro, un po’ meno di cinque leggi di stabilità o manovre finanziarie che dir si voglia. Tutti ci riempiranno le tasche di soldi tanto che i produttori di portafogli stanno adeguando le loro produzioni.
C’è ancora chi ci casca e chi no. Siamo felici per chi ci crede, in fondo credere a un politico è come aspettare Babbo Natale, la sera del 24 dicembre, con una fetta di panettone e un bicchiere di vin brulè. Chi non ci crede più andrà a ingrossare la folla degli astensionisti, la maggioranza silenziosa degli italiani che non crede più a nessuno, men che meno alla Befana.
Comunque, fra simboli contesi, matrimoni forzati, gesti di solidarietà speciosa, stiamo per assistere a una delle campagne elettorali più brutte della nostra storia. Vendesi biglietti di prima fila, i posti non sono ancora esauriti.