di MASSIMO CONSORTI –
Tanti, tantissimi anni fa, roba che sembra perdersi nella notte dei tempi, il Primo Maggio era una festa seria e molto amata, specie dai bambini. Voi direte, che c’entra il Primo Maggio? Siamo a gennaio, deve venire ancora Pasqua e tu pensi già al Primo Maggio? È vero che noi giornalisti guardiamo sempre avanti però, ogni tanto, un’occhiata al passato la diamo per non perdere di vista l’insieme storico che ha la sua importanza in tutti i fatti della nostra vita, anche quella futura.
Il Primo Maggio di tanti anni fa, dicevo, in Italia si celebrava la Festa del Lavoro. Eravamo in pieno boom economico e il lavoro c’era davvero, non era una speranza ma una solida certezza, come dice quello della banca in tv (maledetta pubblicità)!
Al mio paese, come in tutti gli altri paesi e paeselli d’Italia, le feste erano due. Cioè, si svolgevano lo stesso giorno ma ci si divideva in due fazioni, i comunisti e i socialisti da una parte, i cattolici dall’altra. La sindrome guareschiana di Peppone e Don Camillo imperava e quello che si poteva vedere al cinema, spesso si verificava nella realtà.
I due “popoli”, quel giorno, non entravano mai in contatto fra di loro e ognuno combatteva contro l’altro a suon di panini con la porchetta, vino rosso per gli adulti, aranciata per i bambini.
Cambiava la colonna sonora, questo è vero, ma le porchette erano buonissime, i panini freschi ancora caldi e l’aranciata Roncarolo deliziosa. I social-comunisti suonavano tutto il giorno Bandiera rossa, probabilmente era l’unico disco che avevano, ma dopo un po’ ci si faceva l’abitudine. I cattolici, che erano poi quelli delle Acli, suonavano L’Inno del lavoro e, verso sera, con il tasso alcolico notevolmente salito, qualcuno accennava a Biancofiore, l’inno della Democrazia Cristiana.
Noi bambini, poco sensibili alla politica ma alla porchetta sì, all’inizio andavamo dove ci portavano i nostri genitori, ma subito dopo aver mangiato il panino e bevuto l’aranciata, andavamo nel campo avverso dove ci aspettava un altro panino e un altro bicchiere d’aranciata. C’era chi riusciva a mangiarne quattro o cinque, ma il giorno dopo non veniva a scuola per il mal di pancia e una fastidiosa dissenteria.
Gli incarti dei panini erano rigorosamente asettici, non c’erano simboli di partito né segni fuorvianti. Tutto era rispettoso non tanto nei confronti degli adulti quanto dei bambini, che aspettavano il Primo Maggio come il giorno della “porchetta”. I bambini non venivano usati a favore di nessuna campagna elettorale, a volte contro, come la battuta che se fossero venuti i Russi ci avrebbero mangiato. Ma la cosa era talmente surreale che nessuno di noi la prendeva sul serio.
Gli italiani erano stanchi, insomma, di quello che era accaduto nel nostro Paese a partire dal 6 gennaio 1928, quando venne istituita la Befana Fascista prima e quella “del Duce” poi: propaganda a tutto spiano.
A Roma, alla Magliana, quest’anno è accaduta suppergiù la stessa cosa. Giocattoli ai bambini (gesto meritevole) dentro incarti griffati Casa Pound. Come a dire: è tornata la Befana del Duce. Postare poi le foto su Facebook è il segnale che i tempi sono cambiati, una volta c’era l’Eiar oggi FB. Più facile, più immediato, più social, più efficace.
Ma facciamoli crescere e giocare, i bambini, per rimbecillirli c’è sempre tempo.