Bruciato vivo per scherzo

di MASSIMO CONSORTI –

Una donna, o un uomo, diventano clochard per infinite ragioni. Quasi sempre alla base ci sono un fallimento o un disagio profondo, mai la voglia di essere vagabondo per vocazione. La dimensione della scelta libera e cosciente c’è stata fino a qualche tempo fa, nel secolo scorso. Faceva parte di una visione essenziale (e un po’ romantica) della vita e rappresentava l’esigenza di vivere di nulla se non di sé stessi.
Purtroppo oggi le cose sono cambiate e vivere in strada molto spesso è diventato l’unico modo per continuare semplicemente a vivere. Forse è per questo che nascono iniziative come quella di Pane quotidiano a Milano, o Homeless della Comunità di Sant’Egidio in tutta Italia. C’è da sottolineare come queste attività non si rivolgano solo agli immigrati (la minoranza) ma a un numero sempre crescente di pensionati e di vittime della crisi del 2008. Ci sono molti ex detenuti a cui è stato impedito quasiasi reinserimento, ex mariti spogliati di ogni avere da separazioni disastrose, piccoli imprenditori ai quali le banche hanno fregato anche le bretelle, operai e impiegati finiti sul lastrico a seguito di delocalizzazioni schizofreniche sulle quali lo Stato, questo Stato, non ha mai detto una parola e, infine, gli ex commercianti al minuto e gli ex artigiani che prendono pensioni da fame e non possono permettersi l’affitto di un sottoscala, figuriamoci quello di una casa.
Poi c’è la storia di Ahamed Fdil, un marocchino di 64 anni, che aveva fatto dell’auto la propria dimora dopo essere rimasto senza lavoro. Come un qualsiasi operaio italiano nelle stesse condizioni, Fdil riusciva a mettere insieme qualcosa per pranzo e per cena ma il resto era impossibile. Quando le cose andavano bene e lui aveva un lavoro, riusciva a pagare l’affitto e con i risparmi aveva acquistato anche una macchina. Nessuno poteva immaginare che quell’auto sarebbe diventata la sua dimora fissa tantomeno lui, che a 64 anni, si sentiva un immigrato realizzato.
Quell’auto con un extracomunitario dentro, aveva però attirato l’attenzione di un gruppetto di minorenni di Santa Maria di Zevio, provincia di Verona, la città dell’amore eterno.
Sarà che Natale stava arrivando, sarà che dopo Natale arriva Capodanno e con il 31 dicembre i botti, i ragazzini cominciano a bersagliare l’automobile di Fdil di petardi. La storia, come appureranno poi i carabinieri, andava avanti da parecchio tempo e poco c’entrava l’arrivo delle festività. Erano mesi che un gruppo di bulli aveva preso di mira il marocchino ed erano mesi che lui, per amor di pace, taceva.
Il 19 dicembre scorso, però, qualcosa va male. I petardi diventano tanti, sembra quasi un bombardamento. Evidentemente qualcuno dei botti finisce nel posto sbagliato e l’auto di Fdil prende fuoco, con lui dentro. Considerate le cose che ha in macchina, in poco tempo la vettura di trasforma in un forno e le fiamme la divorano come bruciano vivo il disoccupato Ahamed Fdil, 64 anni, marocchino. Nessuno può fare nulla e quando finalmente i vigili del fuoco riescono a spegnerla, quello che si presenta loro davanti è il classico cadavere carbonizzato.
Ci sono però le telecamere di sorveglianza e i carabinieri fanno presto a rintracciare i colpevoli. Uno ha 17 anni l’altro 13, due ragazzini cresciuti male, educati peggio.
Fermati dai militi della Benemerita, i due minorenni a domanda “Perché l’avete fatto”, rispondono “Era uno scherzo, non l’abbiamo fatto apposta”.