I giorni della merla

di AMERICO MARCONI –

Gli ultimi giorni di gennaio, quest’anno il 29, il 30 e il 31, per tradizione sono chiamati i giorni della merla. E vengono considerati i più gelidi dell’anno. Ancora di più, sono da intendersi come dei veri e propri indicatori della primavera: se sono freddi o molto freddi è buon segno, in quanto indicano che le stagioni si susseguono in modo corretto e i mesi primaverili saranno man mano più caldi. Se invece i tre giorni fossero soleggiati e di mite temperatura i mesi che seguiranno saranno rigidi e potrà esserci un ritorno alle temperature invernali.

Ma perché sono chiamati i giorni della merla? Innanzi tutto perché proprio a fine gennaio inizio febbraio i merli riempiono l’aria con il loro melodico fischio, iniziando la stagione degli amori. Ghiotti delle nere bacche del lauro (nonostante siano prevalentemente insettivori) giocano, saltellano e cantano soprattutto dove crescono siepi di alloro. Nelle nostre zone costiere sono presenti sia il laurus nobilis, pianta sempreverde che cresce spontanea e rigogliosa, sia il merlo (turdus merula) che da specie migratrice qual era è diventata stanziale.

Poi c’è una storia in cui si narra di una famigliola di merli: madre, padre e tre piccoli che, sentendo troppo freddo, si rifugiano in un camino. Ma raccontiamola con ordine. Il merlo era considerato animale mitico di colore bianco che viveva in Acaia, una regione ubicata nel nord della Grecia. Difatti la nostra famigliola era tutta bianca. Un giorno di fine gennaio, mentre mamma merla raccoglieva cibo per i pulcini, babbo merlo si godeva una giornata di sole fischiando in allegria. Questo comportamento fece arrabbiare Gennaio, mese algido e ombroso di carattere, che scatenò contro i merli una tormenta di neve. La madre e i piccoli si rifugiarono in un fumante comignolo per stare al caldo, mentre il padre affrontò il rigore del gelo per trovare di che mangiare alla famiglia. Quando tornò stentò a riconoscerli perché, a causa della fuliggine del camino, erano diventati tutti neri. Alla fine anche lui entrando ed uscendo diventò nero. Di un nero brillante col becco giallo arancio proprio come lo conosciamo oggi.

Al di là della favola bella resta la saggezza popolare: in quei tre giorni è meglio che faccia freddo, molto freddo; perché tanto i merli sono felici lo stesso e la primavera giungerà correttamente, col suo tepore e i suoi fiori, promessa di frutti e gioia per tutti.