di ROSITA SPINOZZI –
Si fa ancora fatica a credere che, nel giro di pochi giorni, Macerata sia stata scenario di due episodi cruenti che hanno portato una scia di orrore e sangue. Chi ha studiato in questa città non può che averne ricordi positivi, non a caso Macerata – “Città della Pace” – è riconosciuta come il luogo in cui si vive meglio nelle Marche, ed è presente anche nella top ten delle città candidate a Capitale Italiana della Cultura 2020. Ma la delinquenza non conosce confini, e il macabro episodio dell’uccisione della 18enne romana Pamela Mastropietro, il cui corpo è stato fatto a pezzi e trasportato in due valigie dal 29enne nigeriano Innocent Oseghale, ha fatto da “alibi” ad un altro efferato gesto: il 28enne Luca Traini, sconvolto dall’episodio, ha pianificato una spedizione razzista colpendo con la sua pistola Glock sei persone di colore scelte a caso. Per fortuna non in maniera mortale. Una strage aggravata dalla sua finalità razzista. Un gesto lucido e consapevole, quello di Luca Traini, che non ha mai cambiato versione dei fatti, né ha mai mostrato pentimento. Gli investigatori hanno trovato nella sua abitazione una copia del Mein Kampf, una bandiera con la croce celtica e altre pubblicazioni riconducibili all’estrema destra. Le indagini non si fermano. Lo shock è tanto. Soprattutto per i sei colpiti che, dal loro letto d’ospedale dicono “le ferite più gravi sono quelle del cuore”, “non mi sento più al sicuro”, “mi trovo qui solo per il colore della mia pelle”. Ma se la pelle può avere un colore diverso, il sangue no. Ha ragione il sindaco di Macerata, Romano Carancini, quando sostiene che “il sangue di Pamela Mastropietro e quello dei feriti è identico”. E ribadisce: «Non si possono, anche attraverso i media, lanciare percorsi di odio, direttamente o indirettamente. L’ultimo appello lo lancio a chi ha responsabilità politiche: non è accettabile, dopo quello che è successo, che continuino a proliferare affermazioni che non fanno degna una persona. Viviamo i prossimi giorni con grande senso di responsabilità e usando la testa, immaginando che siamo dentro una comunità e che non conta il colore». Nel frattempo in centinaia hanno raggiunto i Giardini Diaz di Macerata, per dire no al “terrorismo fascista”. Tra i presenti anche Sammy Kunoun, il presidente della comunità nigeriana maceratese, il quale ha affermato: «Questa era una città dell’accoglienza, oggi mi viene da piangere. Speriamo che si torni presto a ragionare. Ma il problema è che in Italia e in Europa si vincono le elezioni sull’immigrazione». Occorre abbassare i toni, e la politica stessa per una manciata di voti in più non dovrebbe fomentare l’odio, la discordia, la ribellione. L’uccisione di Pamela Mastropietro e l’offesa arrecata al suo corpo gridano vendetta, certo. E tutti noi ci auguriamo che il suo aguzzino possa pagare cara la sua colpa e che pace gli venga negata, perché si è macchiato le mani di un gesto ignobile che nulla ha di umano. Ma spostare l’odio sulle persone che hanno la pelle del suo stesso colore, e arrivare ad inveire contro l’incolumità degli immigrati, questa è tutt’altra cosa. Su facebook girano post a riguardo che neanche meritano di essere commentati. Non facciamo di Luca Traini un “eroe” (mi riesce persino difficile a scriverlo), per favore. Non scherziamo su questi argomenti, perché definirlo tale è un insulto nei confronti di chi eroe lo è per davvero. Il nigeriano Innocent Oseghale è un assassino. L’italiano Luca Traini, anche se non ha fatto a pezzi nessuno, ha commesso un reato molto grave perchè non si può “vendicare” un gesto scellerato sparando addosso a persone totalmente estranee al fatto, “colpevoli” solo per il colore della loro pelle. Abbassiamo i toni, quindi. E riflettiamo.