di PAOLO DE BERNARDIN –
Era il 1993 e, da conduttore di Rai Stereonotte, mi ritrovai alla Bocciofila di Recanati per la diretta notturna del Festival Musicultura che da anni ormai si tiene alla Sferisterio di Macerata ma all’epoca aveva mosso i suoi primi passi nella splendida cittadina di Leopardi. Si era alla quarta edizione del Festival quell’anno vinto da Gianmaria Testa che proprio ai microfoni Rai mi concedeva la sua prima intervista in assoluto oltre che un’amicizia rimasta nel tempo fino alla fine. Altri vincitori erano i grandi Fratelli Mancuso, spirito immenso della cultura popolare siciliana ed il poeta amico di Fabrizio De André, Oliviero Malaspina. Tutti passavano a trovarmi per una chiacchierata informale ed erano felicissimi di sentirsi liberi di parlare ad un microfono della radio. Proprio quell’anno il Comitato di Garanzia del Festival aveva aggiunto, al già ricco cast di artisti garanti, il nome di Claudio Baglioni che allora aveva come manager il compianto David Zard, recentemente scomparso. Naturalmente il nostro studio era di fortuna e senza protezioni di sorta, a parte una paio di guardie preposte alla sicurezza. In serata con la sua magnifica Porsche arrivò da Roma Zard con a fianco Baglioni e i due sarebbero poi ripartiti la stessa notte. Zard si fece in quattro per portare Claudio al mio microfono per una breve intervista. Tra una chiacchiera e una canzone finalmente i due giunsero nello studiolo e mi ritrovai Baglioni seduto a fianco. “Scusa Claudio ma che ci fai qui al microfono di Stereonotte se io non ho mai passato una tua canzone alla radio?” fu la mia prima domanda. Non riuscii quasi a finire il quesito che vidi in penombra gli occhi infuriati di Zard davvero poco ben intenzionati. In un accesso d’ira stava scavalcando il cordone per venire al microfono ma fu bloccato immediatamente dalle due guardie. “Scusa Claudio -ribadii- cerca di capirmi ma sto rappresentando un pubblico notturno che da me non è mai stato abituato ad ascoltare le tue canzoni. Ne mettevo per le serate da ballo in discoteca per i famosi lenti ma alla radio ti ho praticamente escluso” Con la sua fortissima dote di ironia Claudio stette al gioco e aprì una deliziosa conversazione con me che non scandalizzò certo nessun ascoltatore. Era un piccolo episodio per raccontare un personaggio eclettico e un artista che, nonostante la sua ampollosa megalomania (qualcuno ha ferocemente commentato che al termine del festival Baglioni potrà acquistare un nuovo appartamento solo con i proventi SIAE entrati dalle lunghe, a volte estenuanti, esecuzioni delle sue canzoni). Nonostante tutto, e soprattutto nonostante la sua straziante lunghezza, il Festival ha reso ampio omaggio alla canzone italiana del Novecento nonostante alcune tremende esecuzioni affidate a voci muscolari che tanto piacciono agli italiani (cfr Il Volo che strazia l’immensa gentilezza del tocco di Sergio Endrigo in “Canzone per te” che, in occasione del 50° anno avrebbe almeno meritato una menzione o una targa ad honorem, se non alla carriera). Per cui una giusta via futura potrebbe essere la scelta di poche canzoni in gara in lunghe serate dedicate alla nostra cultura popolare degli ultimi 120 anni.
GIOVANI IN GARA
LORENZO BAGLIONI – Il congiuntivo
Un altro Baglioni, senza parentele, tra gli otto giovani. Interessante il testo sulla consecutio temporum e sulla sintassi della nostra lingua ma tutto l’interesse si ferma lì. Tra buone speranze però. (Voto 6)
ALICE CAIOLI – Specchi rotti
Ectoplasma di un talent show Alice Caioli pensa che Amici e Maria De Filippi siano il faro dei riferimenti giovanili odierni. Molto fuori dalla strada della verità. (Voto 3)
MIRKO E IL CANE – Stiamo tutti bene
Mirko ha potenzialità eccezionali come aveva dimostrato stravincendo l’ultima edizione di Musicultura. A Sanremo ha voluto fare colpo con un testo notevole, attuale e duro sulle emigrazioni e gli sbarchi. Ma sulla canzone parlata ha già fatto il punto “Signor Tenente” di Giorgio Faletti. (Voto 9 testo 3 musica)
GIULIA CASIERI – Come stai
Il birignao del peggior R’n’B fa sempre più scuola. Cantare vuol dire mostrare personalità e non aver per faro di riferimento una corista. (Volo 4)
MUDIMBI – Il Mago
Qui il campanilismo c’entra davvero poco. Sul brano di Mudimbi non ci sono dubbi è il più sanremese di tutte le canzoni in gara, il più orecchiabile, di presa immediata e cantato da un eccellente artista che farà molta strada sulle orme della follia di Gabbani. Bravo bravo bravissimo. (voto 9)
ULTIMO – Il ballo delle incertezze.
Se avesse partecipato tra i senior in gara la canzone non avrebbe scandalizzato nessuno dominando in qualità quelle di celebri colleghi. Sanremese al punto giusto la canzone si esalta maggiormente su disco che all’Ariston. (Voto 7)
EVA – Cosa ti salverà
Niente e nessuno, purtroppo, ci salveranno. Contro queste canzoni mi oppongo col silenzio. (Voto 3)
LEONARDO MONTEIRO Bianca
Aveva dimostrato di essere un bravo autore ma a Sanremo è stato scontatissimo e banale. Peccato. (voto 4)