di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Quando Gabriel García Márquez scrisse il suo capolavoro, descrisse una Macondo dove tutto accadde in cent’anni tranne sostanziali cambiamenti nell’abbigliamento. Non era un must, per usare un termine della nostra modernità. Nell’Europa degli ultimi cent’anni, come nell’America del Nord, insieme alla rapidità esponenziale della rivoluzione tecnologica, industriale, elettronica e digitale, i cambiamenti di moda sono altrettanto rapidi e interessanti. Certi “cicli” designano rinnovamenti culturali e stili di vita, accompagnando le tendenze in campo musicale, cinematografico, editoriale.
Anni ‘20 e ‘30
Credete che l’emancipazione femminile sia cosa recente? Sentite questa: al ritmo di Jazz e con la guerra da poco finita emergono le “flapper”, in particolare nel mondo anglosassone. Queste eclettiche ragazze accorciano le gonne, indossano abiti fascianti, con giochi di piume e frange, e mettono lunghe collane di perle. Le pettinature sono a caschetto e il trucco vistoso. Le flapper detestano l’ipocrisia, sono disinvolte, parlano come i maschi, anche rispetto al sesso. Un vero e proprio bagno di emancipazione che precorre i tempi futuri. Nel ’29 arriva la grande depressione economica e sociale, devastante e irreparabile. Si cambia ancora, torna la sobrietà, via gli eccessi. La lunghezza degli abiti si stabilizza un po’ sotto al ginocchio. Vanno i tailleur, alternati a pantaloni a vita molto alta con bottoni militareschi. Abbondano i cappellini. L’industria inventa le calze di nylon, una autentica rivoluzione, e nelle riviere compaiono gli shorts.
Anni ‘40 e ‘50
Gli anni della guerra, quelli del ‘40. Alla necessaria sobrietà si associa la praticità. La vita è dura per tutti, c’è una povertà che cresce per la maggior parte delle persone. Gli abiti sono semplici, con tessuti economici, dalle forme dritte e senza orpelli. L’unico vezzo, il rossetto rosso: una botta di vita in tanta tristezza. I capelli tornano ad allungarsi, dopo i caschetti e i cappellini. Le calze di nylon, nel periodo bellico, scarseggiano.
Negli anni ’50 gli echi della seconda guerra mondiale si allontanano e c’è bisogno di rinascere. Le donne tornano ad osare e la musica è quella del rock ‘n’roll. Ed ecco i blue jeans, i primi bikini, le gonne a ruota con cintura in vita, capelli lunghi raccolti a coda di cavallo. Negli Stati Uniti, più che altrove, ci sono due modelli di donne: le madri di famiglia, tutte dediche alla casa, e le pin up, più disinibite, audaci nell’abbigliamento con shorts e camicette legate in vita.
Anni ‘60 e ‘70
Mettiamoci comodi: la rivoluzione, quella vera, ha inizio. Arrivano gli hippies, i figli dei fiori. La povertà sociale, conseguente alla grande guerra, è alle spalle. C’è un fervore notevole e lo si vede anche con l’avvento degli elettrodomestici in tutte le case. É il tempo della rivoluzione sessuale, dei movimenti pacifisti e delle lotte politiche fin dentro le università e nelle fabbriche.
Negli anni ’60, la fantasiosa e geniale Mary Quant gestisce un negozio che è un luogo dove le donne si incontrano, conoscono, progettano. Ed ecco il mito del secolo scorso: la minigonna, segno di indipendenza, sicurezza, audacia matura e definitiva rottura con gli schemi. Tra alti e bassi di tendenza, la minigonna non andrà mai nella soffitta dei ricordi negli anni che seguiranno.
Ed arriva il 1968, con il grande movimento studentesco che segna un punto di svolta in tutto portandoci agli anni ’70. L’anticonformismo, le lotte operaie, le battaglie per i diritti civili si riflettono anche nel modo d’essere e vestire delle donne. L’emancipazione femminile diventa un imperativo. E al rogo i reggiseni! Per un po’ le minigonne vengono riposte negli armadi. Ora va di tutto: gonne lunghe, strette o larghe, pantaloni a zampa d’elefante e shorts aderenti. Capelli lunghi e sciolti. Trucco assente nelle femministe più aderenti al movimento ma molto accurato ed elaborato in tutte le altre.
Anni ‘80 e ‘90
É il periodo degli eccessi, delle caratterizzazioni. I jeans diventano stretti e vengono inventati i fuseaux, coloratissimi, da portarsi con bigiotterie e capelli cotonati. Anche il make up si fa estremo. Esagerare è la parola d’ordine. L’esempio femminile del tempo: la cantante Madonna.
Negli anni ’90 si fa tutto e di più: è impossibile fare una sintesi. Non c’è una tendenza che fa da traino. La personalità impone che ognuno faccia come meglio crede e c’è chi riprende dagli armadi della mamma la vecchia minigonna, reinventandola. La novità che viene d’oltreoceano è il grunge, merito dei Nirvana: jeans usurati, maglioni informi. Compaiono gli anfibi.
Gli anni del 2000
Ed eccoci nel periodo più vicino a noi che potremmo vedere come una naturale evoluzione degli anni ’90. Più che mai notiamo una mescolanza di ogni genere ed una sostanziale libertà di scelta. É come mettere insieme i precedenti decenni con qualche variante, soprattutto nei primi anni del 2000: la vita bassa e bassissima dei pantaloni, le magliette che lasciano nudo l’ombelico. Avvicinandoci all’oggi, i fuseaux diventano leggings e le usure nei jeans si evolvono in strappi, squarci e divagazioni varie. É l’indiscussa epoca dei tacchi a spillo molti alti. Ed è il tempo di incertezze sociali, economiche e politiche. In televisione spopolano i talent e i reality, mentre il decennio si avvicina a conclusione, chiudendo il ciclo dei cento anni. I prossimi cento? Ve li racconteremo più in là.