Notte degli Oscar 2018 : i vincitori e i nostri “graffianti” commenti

Il regista messicano Guillermo Del Toro ("La forma dell'acqua", Miglior film e Miglior regia)

di EUGENIO DE ANGELIS –

Questa novantesima edizione degli Oscar è stata inevitabilmente segnata dallo scandalo Weinstein e da tutto quello che ne è conseguito nei mesi scorsi: è stata quindi l’edizione del #MeToo e del “Time’s up”. Nonostante l’Academy sia sempre molte sensibile a questo tipo di questioni, soprattutto dopo le accuse di #OscarSoWhite (sì, è un’epoca segnata dagli hashtag…), le premiazione non sembrano averne risentito eccessivamente, come invece era accaduto lo scorso anno per la questione afro-americana (e l’avvento di Trump).

Sostanzialmente rispettate, quindi, le aspettative della vigilia, con La forma dell’acqua – The Shape of Water che si porta a casa i due premi maggiori – Miglior film e Miglior regia – che il messicano Guillermo Del Toro piazzerà nella sua prestigiosa bacheca accanto al Leone d’oro vinto a settembre a Venezia. Un film che fa felici sostanzialmente tutti, cinefili e spettatori occasionali, perché dimostra grande amore per il cinema, notevole perizia tecnica, mescolanza di generi in una grande favola d’amore che appassiona e diverte, senza rinunciare a quel tocco dark e weird che era elemento principale in Il labirinto del fauno. Altro film che ha avuto un ruolo di primo piano alla cerimonia è stato Tre manifesti a Ebbing, Missouri con due premi importanti, quello per la miglior attrice a Francis McDormand (lei sì che ha ricordato il “Time’s up” facendo alzare in piedi tutte le donne) e quello al miglior attore non protagonista Sam Rockwell. Un film che forse avrebbe meritato qualcosa in più, forse anche uno dei due premi principali e sicuramente quello alla sceneggiatura che però è andato all’horror (estremamente politico) Get Out – Scappa di Jordan Peele. C’è poco da recriminare, come sempre agli Oscar gli equilibrismi per accontentare tutti si sprecano, infatti sette delle nove opere candidate per la categoria Miglior film hanno ricevuto premi più o meno importanti.

Dunkirk, tra i film più attesi della serata, porta a casa ben tre Oscar, ma tutti “tecnici” (tra cui il montaggio) e lo si può considerare un vincitore solo a metà, mentre Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve è stato premiato per la sua impressionante resa estetica con l’Oscar per i migliori effetti visivi e quello, meritatissimo, per la fotografia, grazie al quale Roger Deakins spezza finalmente la sua personalissima maledizione. Per lo storico direttore della fotografia è infatti il primo Oscar dopo 12 candidature andate a vuoto. Suonano invece un po’ come premi di consolazione l’Oscar per la miglior attrice non protagonista (Allison Janney) a I, Tonya (su 3 nomination), e soprattutto quello ai costumi al Il filo nascosto (su 6 nomination), ma il cinema di PTA non è adatto all’Academy, nonostante un premio a Daniel Day-Lewis per la sua interpretazione fosse probabilmente dovuto, soprattutto se, come affermato, questa rimarrà la sua ultima apparizione sul grande schermo. A soffiargli l’Oscar al Miglior attore è stato Gary Oldman per il gigantesco (in tutti i sensi) Winston Churchill portato in scena nell’L’ora più buia film che, come già predetto in questi lidi, era pensato principalmente per far raggiungere la statuetta al suo protagonista. Lady Bird e The Post di Spielberg sono stati invece gli unici tra i nove nominati come Miglior film a non aver ricevuto neppure una statuetta, una decisione che si può comunque rispettare.

C’è anche un po’ d’Italia in questa novantesima edizione degli Oscar: Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino ha infatti conquistato il premio per la miglior sceneggiatura non originale e può a buon vedere recriminare per non averne portato a casa almeno un altro per la miglior canzone, andato banalmente a Coco. Il film Pixar è stato incoronato anche miglior film d’animazione, confermando purtroppo la consolidata tradizione di dare a prescindere il premio all’opera Pixar o Disney di turno, nonostante ogni anno ci siano ottimi film provenienti da tutto il mondo. Per il miglior documentario è stato invece premiato l’ottimo Icarus (disponibile in Italia su Netflix), impressionante racconto in prima persona sul doping di stato russo. Per finire, l’Oscar al miglior film straniero è andato un po’ a sorpresa a Una donna fantastica del cileno Sebastian Lelio (scoperto in Italia grazie alla Mostra di Pesaro), battendo l’agguerrita concorrenza della Palma d’oro The Square, dell’Orso d’oro Corpo e anima e dell’apprezzatissimo russo Loveless. Forse in questo caso le tematiche queer hanno giocato a suo favore, in un’edizione che ha comunque tenuto a ribadire l’importanza del preservare e valorizzare la “diversità”, di tutti i tipi, come ha sottolineato nel suo discorso di ringraziamento anche “l’immigrato” Del Toro.