di PAOLO DE BERNARDIN –
“Acclamato unanimemente come uno dei più importanti pianisti nel campo dell’improvvisazione e del jazz – recita la motivazione – Keith Jarrett è un artista che si è cimentato con straordinario talento e creatività in diversi generi musicali, tra i quali la musica classica, componendo partiture raffinate e graffianti al tempo stesso. La sua sterminata discografia è la testimonianza di un’arte senza confini e di una personalità unica nel campo del jazz, il cui approccio e la cifra stilistica così personali ne fanno un maestro universale della storia della musica”.
Il 29 settembre di quest’anno Keith Jarrett riceverà quello che è forse è il principale premio della sua carriera, il Leone d’Oro alla carriera dalle mani di Paolo Baratta, presidente del Festival Biennale di Musica Contemporanea in occasione della 62° cerimonia. É probabile che il grande artista, oggi 73enne si esibisca in uno dei suoi concerti a solo per l’eterna memoria di un’esibizione che nel 1975 lasciò il segno nel cuore di tutti, vale a dire quel concerto di Colonia passato alla storia come uno dei momenti più lirici della storia del pianoforte. Recentemente le sue condizioni di salute non gli hanno permesso grandi esibizioni e nemmeno importanti incisioni, non per niente “After the fall” infatti il disco è stato registrato a Newark al New Jersey Performing Art Center il 14 novembre 1998 ma questo prezioso materiale non manca di esaltare il pubblico a 20 anni di distanza. Il segno del ritorno è però dovuto a quella davvero straordinaria formazione in trio che altro non è che l’estensione delle sue mani di pianista e della splendida fantasia che lo porta d un concentrazione assoluta per suonare all’unissono. Gary Peacock e Jack De Johnette. Si tratta di un doppio album con notevoli standard come “I’ll see you again”, “When i fall in love”, “Autumn leaves”, “Santa Claus is coming to town”, “Old folks!”, “The masquerade is over” suonati d’incanto per un pubblico estasiato ma l’attenzione viene rivolta anche a momenti meno romantici ed estetizzanti come come il bop e il bepob più classico e con omaggi a Charlie Parker (“Scrapple from the apple”), Sonny Rollins (“Doxy”), Bud Powell (“Bouncin’ with Bud”). La versatilità di un artista come Jarrett ha davvero dello sconcertante sia che passi da J.S.Bach a Bartok, Mozart, Samuel Barber, Sostakovic. Comunque sempre il suo grande impegno, le dinamiche eccelse della sua tastiera, l’enorme quantitativo di brani dal Songbook americano. Tutto, veramente tutto ha contribuito a rendere Keith Jarreth uno degli astri del firmamento pianistico dei nostri tempi.
STANDARD
(La storia delle canzoni)
I fall in love too easily (Cahn-Styne), 1944
“Mi innamoro troppo facilmente, mi innamoro troppo velocemente, mi innamoro troppo saldamente perché l’amore duri per sempre nel mio cuore. Dovrebbe essere ben insegnato perché sono stato fregato in passato ma ancora mi innamoro così facilmente, mi innamoro troppo velocemente e al mio cuore dovrebbe essere insegnato meglio perché sono stato fregato in passato!.
Chi pensasse ancora che il primo personaggio dei cartoni inserito in un film con attori in carne e ossa fosse Jessica Rabbit nel delizioso “Chi ha incastrato Roger Rabbitt” di Robert Zemeckis (1988) può facilmente risalire ad un altrettanto delizioso balletto del 1944, a ritmo di charleston, eseguito dal topo Jerry, amico nemico del gatto Tom con Gene Kelly inserito nel film “Anchors away” (“Due marinai ed una ragazza” detto pure “Canta che ti passa”) per la regia di George Sidney uscito negli Usa durante la II guerra mondiale per alleggerire il pesante clima bellico ma che in Italia arrivò per il capodanno del 1949. Le musiche e le marce dedicate alla Marina Militare erano dirette da Josè Iturbi Baguena, ex ragazzo prodigio di Valencia ma di origini basche e celebre direttore d’orchestra spagnolo che si era trasferito ad Hollywood e che nel film interpreta il ruolo di se stesso. Avrebbe dovuto esserci il personaggio di Topolino ma la Disney non concesse l’autorizzazione così Tom e Jerry fecero la loro bella figura. I produttori ebbero difficoltà a scegliere i protagonisti. Uno, Gene Kelly, era troppo divo al top del musical, l’altro, Frank Sinatra ancora troppo timido e soprattutto fuori ruolo per la sua figura di smilzo davvero esageratamente magro. Il ruolo della spumeggiante ragazza era invece interpretato dalla deliziosa Kathryn Grayson futura protagonista di “Show boat”. Il film ebbe 5 nomination all’Oscar ma ne portò a casa solo uno grazie al commento musicale di Georgie Stoll. Naturalmente una candidatura per la canzone la ebbe anche “I fall in love too easily” che però fu battuta sul filo di lana dalla splendida “It might as well be spring” di Rodgers and Hammerstein. Composta da Jule Styne (Londra, 1905-New York, 1994) e grazie alla magistrale interpretazione di Frank Sinatra la canzone su solo una delle tante che il grande compositore di Broadway e Hollywood lasciò ai posteri. La sua fu una produzione vastissima nella quale almeno una ventina di brani hanno lasciato il segno (la sua “Three coins in the fountain”, in Italia “Fontana di Trevi” si assicurò l’Oscar nel 1955. Nel 1972 fu inserito nella Hall of Fame degli autori musicali e nel 1981 nell’American Theatre Hall of Fame. Stranamente la canzone non entrò immediatamente nel repertorio di cantanti pop e jazz prima del 1954 quando sussurrata dalle labbra di Chet Baker fece sobbalzare il mondo del jazz per una interpretazione eccelsa se non sublime. Fecero seguito altri picchi di immenso valore con Bill Evans e Miles Davis, Herbie Hancock e Wynton Marsalis fino al recente inimitabile Keith Jarrett. Vocalmente le eccellenze sono state di Johnny Hartman, Mel Tormé, Shirley Horn, Tony Bennett, Anita O’Day, Dianne Schuur, Diane Shore, Carmen McRae, Helen Merrill.