di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
“Il Cristo risorge da questo cratere apertosi dalla bomba nucleare: un’atroce esplosione, un vortice di violenza ed energia.”
Parlava così Pericle Fazzini nello spiegare quel capolavoro di bronzo di venti metri che fa da sfondo al Papa in quella che era chiamata Sala Nervi, ora Sala Paolo VI. Era stato proprio Papa Montini a commissionargli il lavoro. Pericle ci ha lavorato per cinque anni, dal 1970 al 1975, facendo uso del bronzo, ma anche roccia e radici, per raffigurare un caos primordiale che si lacera e dal quale emerge sofferente ma vittorioso un Gesù prorompente. Un vento immaginario, come scolpito negli elementi, gli muove con vigore i capelli e la barba. La natura ha la sua forza, la spiritualità anche. La lotta della vita sulla morte, in tutti i suoi simbolismi, è lì, in quel vento che soffia perenne. Quello del movimento, nella staticità della materia modellata, doveva essere un pensiero ricorrente nel giovane apprendista falegname, nato a Grottammare il 4 maggio del 1913 e cresciuto dentro la falegnameria del padre Vittorio. A forza di intarsiare e giocare con le forme, il ragazzo si sarà detto che il legno era ben più che una semplice materia prima per fare mobili. E il parallelo va al gabbiano Jonathan che, stan co di volare per procacciarsi il cielo, comprende che il volo era ardimento, acrobazie, esplorazione: libertà nella consapevolezza del proprio valore. Pericle Fazzini vola alto, trasferendosi a Roma a 16 anni, su consiglio del poeta Mario Rivosecchi, amico di famiglia, per iniziare un percorso di apprendimento e conoscenze che lo porteranno a realizzare un numero enorme di opere, conservate in prestigiose collezioni private e in importanti musei. Per citarne alcuni: Hakone Open Air Museum in Giappone, Tate Gallery a Londra, Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, Art Institute di Chicago, Momat di Tokyo, Museo d’Arte Contemporanea di Montréal e Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.
Fazzini è stato protagonista in più occasioni alla Biennale di Venezia, dove ha vinto il primo premio per la scultura. Ha esposto dal Giappone agli Stati Uniti, passando per le principali città dell’Europa. Nella sua Grottammare, vicino alla nota passeggiata sul mare, c’è una scultura che raffigura un bambino nell’intento di raccogliere conchiglie mentre si materializza il volo dei gabbiani. Uno slancio proteso al cielo, un’unica figura tesa alla libertà e al movimento. É la versione in bronzo del celebre “Ragazzo con i gabbiani”.
Anche se molte sue opere sono con i metalli e le leghe, lo scultore amava il legno. In occasione della Biennale di Venezia, nel 1938, rilasciando un’intervista al “Quadrivio” rivelava questo amore per il legno, probabilmente riconducibile all’esperienza giovanile nella falegnameria di famiglia, perché gli consentiva di scolpire una materia che sa di sensualità. Nel suo periodo storico, l’arte risentiva ancora degli stili dell’800 che sapevano di monumentalismo. Pericle ha sempre cercato una via diversa, dando alla scultura del Novecento più leggerezza, snellezza e contenuto. Una forma espressiva elegante, forte e robusta ma sempre con quel senso del dinamico, con il movimento “dentro” l’apparente fredda e ferma materia. Una modernità che tuttora respira come nuova, significativa e liberatoria e che sicuramente avrà trasferito ai suoi allievi nei periodi in cui è stato docente: all’Accademia di Firenze prima e all’Accademia delle Belle Arti di Roma poi. Molte le retrospettive a lui dedicate dopo la scomparsa, in musei prestigiosi, ma anche in luoghi pubblici. I più significativi: il Setagaya Art Museum di Tokyo, Villa d’Este di Tivoli ed il Sacro Cuore a Parigi.
Pericle Fazzini muore il 4 dicembre 1987 nella città dove ha trascorso la parte più importante della sua vita di artista, Roma. Il suo studio era in via Margutta che in fondo è una piccola strada nel centro di Roma, a Campo Marzio, ma enorme per ciò che ha rappresentato nell’arte e nel cinema. Per quella via hanno realizzato parte del film “Le vacanze romane”, lì hanno vissuto Federico Fellini, Giulietta Masina, Anna Magnani, Giorgio De Chirico. In passato lì ebbe lo studio anche il grande Antonio Canova. Da quelle parti, per un certo periodo ha abitato Pablo Picasso. Una via che sa di storia pertanto, ricca di evocazione e suggestione. Ci è facile immaginare Pericle che apre il portone in quella via e si immerge tra legni e bronzi, tele, libri e taccuini, intento a progettare il suo lavoro innovativo, prevalentemente in solitudine e distaccato dall’ambiente artistico romano, come a voler mantenere una propria identità. Il tempo gli ha dato ragione.
Ci piace concludere con una straordinaria espressione di quel gigante che è stato ed è Ungaretti. Parlando di Pericle Fazzini, lo definì: “lo scultore del vento”. Una frase asciutta, sintetica e che dice tutto nella sua essenzialità. Il vento gli è stato alleato. Il vento delle idee oltre a quello che si esprime nelle forme delle opere.