di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Montedinove è un piccolo comune collinare, nella Comunità montana dei Sibillini, alle pendici del Monte dell’Ascensione. Oggi conta poco meno di cinquecento abitanti ma non era così alla fine del 19° secolo: ne aveva molti di più, intorno ai 1400. Alla data del 25 luglio del 1899 se ne aggiungeva un altro, con un cognome che resterà negli annali della cinematografia internazionale, dell’editoria italiana e francese e del calcio di una città che di quel cognome ha un grande rispetto, Ascoli Piceno. Parliamo di un personaggio notevole, la cui storia, a partire dall’infanzia, sembra un romanzo. Non è da tutti avere un padre garibaldino e, attraverso un’infinità di situazioni, ritrovarsi attivista culturale, e non solo, in Italia e in Francia, dove vivrà buona parte della propria vita, dando inizio ad attività imprenditoriali e intellettuali. E in Francia verrà anche sepolto, a Parigi, nel cimitero monumentale di Père-Lachaise dove ci sono molte celebrità: Oscar Wilde, Edith Piaf, Jim Morrison, Chopin, Moliere, De Balzac, Rossini, giusto per citarne qualcuno. Tra loro c’è anche lui, Pacifico Del Duca, detto Cino.
Ripercorriamone le tappe, non in ordine strettamente cronologico. Iniziamo con un giro in auto, in Ascoli Piceno e passiamo per via Delle Zeppelle. Lo stadio Cino e Lillo Del Duca ci appare in tutta la sua originale bellezza. La prima simbolica pietra era stata posta nel 1955, lo stesso anno in cui Cino diventava Presidente onorario della locale squadra di calcio, l’Ascoli Picchio, che in quel periodo militava nel campionato regionale per poi avere molte belle stagioni anche in serie A. La società Ascoli Picchio è tra i più antichi club calcistici, ed era stata fondata pochi mesi primi della nascita di Cino, nel lontano 1898.
Sarà per questo, o forse per altro, resta il fatto che Del Duca aveva creduto all’emancipazione calcistica e a distanza di tanti anni dalla morte, avvenuta nel 1967 a Milano, il suo nome è ancora fortemente rappresentativo e importante tra i tifosi ascolani.
La vita professionale di Cino è nel mondo cinematografico, producendo film con personaggi del calibro di Antonioni, Pasolini, Sordi e nell’editoria, con riviste come Grand Hotel e il quotidiano Il Giorno, ma per comprendere come approda a tutto questo, partendo dal paesino di Montedinove, occorre “leggere” la sua adolescenza. Il padre è imprenditore ma con alterne vicissitudini. Cino, frequentando le superiori ad Ancona, è costretto ad abbandonare gli studi per lavorare ed aiutare la famiglia. Vende libri. Poi, nel 1917 partecipa alla prima guerra mondiale. Torna a casa con la “Croce al merito di guerra” e si iscrive al Partito socialista, svolgendo propaganda nelle Marche. Viene schedato come sovversivo e confinato ad Agropoli, nel 1921. Quando verrà liberato, tre anni dopo, si trasferirà con i familiari a Milano e lì torna a vendere libri. Queste esperienze gli insegnano il valore della libertà e l’importanza della carta stampata.
Nel 1929 inizia l’avventura con una propria casa editrice, la Moderna, specializzandosi in romanzi popolari a dispense. Successivamente pubblica due memorabili riviste per ragazzi: Il Monello e L’Intrepido. Molti di noi, compreso chi scrive, le ricorda bene. Le pubblicazioni hanno vitalità fino agli anni novanta. Inizialmente Del Duca fa la spola tra Milano e la Francia, dove ottiene gli stessi successi di pubblico, ma quando sotto il regime fascista e le sue restrizioni, la casa editrice italiana fallisce, resta prevalentemente oltralpe. Nel dopoguerra, dopo aver fatto parte della Resistenza francese e italiana, Cino Del Duca riprende a pieno regime l’attività editoriale. E si sposa, nel 1947, con Simone Nirouet, dando ulteriore impulso alla linea editoriale. Comprende l’importanza, a quel tempo innovativa, di pubblicare riviste che incontrino il gusto femminile: nascono Grand Hotel e Intimità. Entrambi i periodici hanno un grande successo e sono tuttora editi. Con l’amico giornalista Baldacci e il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, dà vita al quotidiano Il Giorno, con l’intento di creare concorrenza al Corriere della Sera. E difatti si fa notare con alcune idee diversificatrici: la prima pagina apre con la politica estera e la cultura viene anticipata in seconda pagina, per darle risalto. Introduce uno spazio per Economia e Finanza, ed è il primo a farlo.
In quegli stessi anni avvia la sua casa di produzione cinematografica con l’obiettivo di dare spazio e voce a personaggi e temi di rilievo, con respiro internazionale. Realizza una serie di film dalla firma prestigiosa: Marcel Carné, Jacques Becker, Claude Autant-Lara in Francia, Pier Paolo Pasolini e Michelangelo Antonioni in Italia. Le pellicole italiane più significative sono: “L’avventura” con il quale vince il Premio speciale della giuria al Festival di Cannes; il “Bell’Antonio” diretto da Bolognini con la sceneggiatura di Pasolini e l’interpretazione di Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale; “Accattone” il grande capolavoro di Pasolini.
Partire da un paesino, con ristrettezze economiche familiari, e diventare cittadino del mondo, creando un bell’impero imprenditoriale, non è normalmente semplice ma a guardare la sua storia verrebbe da dire che lo è. Cino Del Duca sa essere mondano e sa stare tra la gente, si fa amare ed apprezzare. Ci sono vie e piazze a lui dedicate e uno stadio, simbolo di una riscossa, che porta il suo nome.
Lo dicevamo: una vita che sembra un romanzo.
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