di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
La fioritura di Castelluccio è un’immagine simbolo, di struggente bellezza, una voce poetica della terra, una tavolozza perfetta dopo la triste visione delle macerie, delle case sventrate e i tetti crollati che si incontrano lungo la strada che dalla Salaria sale in direzione del monte Vettore.
Il Festival dei due Parchi ha organizzato per la giornata dell’otto luglio una corsa competitiva di quattordici chilometri circa e una ecocamminata a due livelli, quattro chilometri e mezzo quella più leggera ed otto quella più impegnativa. Tutte con partenza da Forca di Presta, altitudine di 1550 metri, guardando Piana di Castelluccio, verso l’immensa fioritura. Il valico appenninico, che divide il territorio della provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche, da quello della provincia di Perugia in Umbria, è particolarmente gremito di persone e non solo del posto o delle vicinanze. Si sentono accenti e dialetti di tutte le regioni e si notano anche alcuni turisti stranieri che sono lì per la stessa ragione, ridare una forza morale ai luoghi dell’anima collettiva, quei luoghi che prima erano intimi e che il terremoto ha trasformato in terra martoriata ma anche simbolo di una tradizione e particolare fascino che non possono svanire, né essere dimenticati, tantomeno trascurati. Questo aggiunge un livello emotivo inatteso e sorprendente.
C’è una grande partecipazione ad entrambe le possibilità che, tra l’altro, prevedono anche premi per i primi dieci nella corsa e premi ad estrazione per tutti gli iscritti. Alla passeggiata partecipano persone di ogni età, non tutte dall’aspetto atletico, e soprattutto tanti bambini e bambine che, come accade in questi casi, prendono molto sul serio l’impegno, stimolando i loro genitori a non fermarsi alla tappa intermedia e fare per intero il tragitto, quello di otto chilometri, andata e ritorno. Alcuni utilizzano i bastoncini del nordic walking, altri quelli da trekking, ma la maggior parte nulla se non buona volontà, determinazione e voglia di esserci. C’è chi devia, qua e là, dal percorso segnalato da bandierine vivaci, per esplorare un dettaglio, per foto e scambiare qualche parola con i cercatori domenicali di funghi. Un incontro inatteso e simpatico è con un folto gruppo di pecore, in senso contrario. Per nulla disturbato, il gregge continua la sua andatura regolare, così come avrebbero visto i nostri progenitori e come vedranno i pronipoti. Ci sono cose che non cambiano, fatta eccezione per il pastore che inevitabilmente segue il corso dei tempi, senza darlo troppo a vedere. L’immagine iconografica del pastorello non si tocca. Ma il suo sorriso largo e bonario, accattivante e forse un pizzico malizioso, convince molte signore a ricambiare il saluto, con tanto di selfie e foto alle pecore distratte e per nulla attirate dalle curiosità delle abbronzate camminatrici.
Ma la fioritura attende, non ci si può attardare. Molti l’hanno già intravista da lontano, all’improvviso, dopo il dorso della collina, dopo una curva e qualche battuta con i compagni di camminata. Eccola la grande pianura, magia pura, incanto secolare, colori brillanti ed unici. Una regolarità geometrica che spiazza, contrasti netti di rossi e di blu, di verdi e di giallo. Un mosaico indescrivibilmente composito che desterebbe l’attenzione anche di chi non è abituato a contemplare. La fioritura della Piana di Castelluccio va oltre il paesaggio, non è come guardare un tramonto o un prato o la cima di una montagna. É qualcosa di vivo che invita al rispetto, è qualcosa che insegna che tutti sono parte di un sistema, di un insieme. Sulla piana c’è tanta gente, arrivata sul posto anche con le auto, con le moto parcheggiate a bordo strada. Tutti con macchina da presa, fotocamere di ultima generazione, cellulari. Pronti ad immortalare la presenza e quei colori. Tra i camminatori c’è chi si stacca dal sentiero, cercando di avvicinarsi un po’ di più, assecondando il bisogno di fotografare: non sono gesti routinari. É l’attimo, è quel tocco di luce, è il qui ed ora. É la vita, mentre lo sguardo va anche al paese che guarda dall’alto con le sue ferite e i suoi ricordi. La nostalgia d’un tempo e la speranza che questi fiori rendono ancora più forte.
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