di AMERICO MARCONI –
Nella stagione estiva si organizzano incontri per osservare le stelle. E guardando le stelle è impossibile non ricordare il punto di partenza: il grande scoppio del Big Bang, avvenuto circa 13,7 miliardi di anni fa. In cui ha origine, nel tempo di un secondo, l’universo e le sue componenti fondamentali: fotoni, materia e antimateria. Entro tre minuti si susseguono gli accadimenti fondanti: la fusione termonucleare, che tiene accese le stelle, e la nucleo sintesi chiamata cosmologica. In quei tre minuti l’universo si è espanso sino a 100 milioni di chilometri con la temperatura in rapida discesa. Per 380.000 anni la nostra galassia continua a espandersi e raggiunge la forma attuale. Solo quando la temperatura scende a 3000 gradi gli elettroni possono girare intorno ai protoni e non collidere più con i fotoni. Allora c’è la luce! Trascorrono altri 200 milioni di anni e si ripete l’evento iniziale in modo multiplo: la materia scivola in buche gravitazionali che permettono il determinarsi di migliaia di piccoli Big Bang. Tali scoppi creano la prima generazione di stelle e la nucleo sintesi stellare da cui nasce il carbonio del nostro corpo, l’ossigeno dell’aria, il calcio che formerà le ossa.
La nostra galassia è la via Lattea composta da circa 100 miliardi di stelle. Stimando che esistono 100 miliardi di galassie come la nostra, dobbiamo moltiplicare i due numeri per immaginare il numero delle stelle. E non basta perché intorno alle stelle si contano i pianeti. Tra i pianeti c’è la nostra Terra nata circa 4,67 miliardi di anni fa, non certo con l’aspetto attuale. Le stelle muoiono infine. In maniera spettacolare se hanno grande massa, come le supernove, che implodono su se stesse o se sono più piccole, come il sole, vivono molto a lungo e muoiono spegnendosi.
Ma una stella di cosa è fatta? Per conoscere la sua composizione si può usare il metodo che analizza la luce emessa. Da cui si deduce la presenza di molecole complesse fino agli aminoacidi, i veri mattoni della vita. Anche lo studio dei meteoriti, che continuano a colpire la terra, ci fornisce informazioni sulla composizione degli oggetti celesti. Analizzando il più famoso, il Murchison, caduto in Australia nel 1969, sono stati trovati tutti e venti gli aminoacidi. Si può anche partire con astronavi o mandare sonde a raccogliere materiali su corpi celesti. Come è stato fatto per la Luna o la cometa Wild 2.
A questo punto sorge spontanea la domanda: “La vita può essere piombata sulla terra da qualche altro pianeta o corpo celeste entrato in collisione?”. Può darsi, ma la vita che cos’è? Tutto inizia con il “magico cocktail” CHNOPS: carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, fosforo e zolfo dei primordi. Per giungere agli aminoacidi e attraverso l’RNA e il DNA, quattro miliardi di anni fa, a LUCA (Last Universal Common Ancestor) il più antico degli antenati dell’uomo. Insomma come si è potuto formare un organismo vivente e soprattutto riproduttivo, cioè con una capacità autopoietica? Come ha potuto, nel frattempo, sviluppare la capacità evolutiva che lo ha fatto giungere alla nostra complessità?
Nonostante gli enormi progressi della biologia nell’ultimo cinquantennio, da Watson e Crick (la struttura del DNA nel 1953) a J. Craig Venter (la mappatura del DNA nel 2003), le domande sulla formazione della vita sono più numerose delle risposte. Comunque sia andata, i numeri sono sufficienti per innescare un capogiro. Numeri di tempi e distanze che ci proiettano tra pianeti e stelle, per affondare al nostro codice genetico. Alla fine di queste righe certamente qualcuno alzerà gli occhi al cielo stellato chiedendosi, come avviene in tanta mitologia, se dalle stelle siamo giunti e alle stelle torneremo.
Copyright©2018 Il Graffio, riproduzione riservata