di ENRICA LOGGI –
Verso sera, col giorno all’imbrunire, tornano sulla spiaggia libera due piccioni. Come in un rito, s’accompagnano nel volo radente e si soffermano a beccuzzare le rare molliche seminate sulla rena, dove pianto il mio ombrellone nel cuore del pomeriggio. Mentre scendo dalla macchina e mi avvio, il miracolo dei colori si ripete: ecco il mare all’orizzonte tempestato d’azzurro, con le piccole onde che rotolano a perdifiato, luogo perenne dei bambini e dei loro giochi. Prima di tutti Gaia, di nome e di fatto, è una bimba in perenne movimento, che fa del suo frisby un tamburello con una paletta e un suono d’accompagnamento che così tiene desti i suoi amici che la seguono come fosse il Pifferaio Magico. La spiaggia libera è il luogo delle orme: ci sono stampate le sagome di chi vi passa, traversando il piccolo deserto che man mano si riempie di presenze colorate, di piccoli ombrelloni in faccia al mare. Si arriva qui, per poi attraversare lo spazio sabbioso e sentire sotto i piedi l’umidità della battigia. Il mare sullo sfondo ha una lingua per ciascuno, aspetta tutti con la magia di una presenza estrema, dolce, sicura. Le sagome umane percorrono, anticipano la linea dell’orizzonte in una marcia libera, sciolta, felice. A volte faccio fatica a distaccarmi dalla sdraio perché ho bisogno di acclimatarmi. Mi porto dietro il brusio della città, il suo andirivieni, i suoi obblighi, e qui devo ritrovare il mio equilibrio, la mia assonanza con le cose. Ci pensa il mare che ha a cuore un po’ tutti, dai bimbi agli omaccioni panciuti, un po’ ripiegati su se stessi, alle ragazze che sfilano austere, col portamento di agili sirene. La scena si ripete ogni giorno, cambiano però i colori degli ombrelloni, fatti per una sosta breve. Sulla destra tutta la scena di uno chalet modesto dove mi piace sostare per una piccola bibita, condividere con la simpatica bagnina l’atmosfera candida delle tovaglie che coprono i tavolini dove qualche volta giocano a carte le amiche sue, protette dal suo sguardo profondo e quasi remoto, distante. Nello chalet c’è solo il televisore come diversivo e ogni volta che trasmettono la partita tutto si riempie di un vocio che parla ancora di estrosa vacanza, di ariosa libertà. Raccolgo queste piccole cose come talismani da portare con me quando tornerò a casa, e il mare mi avrà accompagnato onda per onda, avrà lisciato la mia pelle per ricordarmi che c’è qualcosa di nuovo, d’irripetibile ogni giorno, una compagnia che riscatta il nostro ozio, che moltiplica le sue suggestive angolature mentre il cielo si popola di gabbiani, quest’anno pochi per la verità, ma dal volo superbo e, al contrario, i piccioni dal collo tornito e dall’andatura buffa che quasi ogni giorno accompagnano il ritmo delle ore costeggiando le ombre che al tramonto guarniscono la spiaggia e segnano la durata della sosta ed il ritorno lento verso la strada di profili umani che regalano un sorriso, un accento povero ma sovrano, e luminoso.
(Enrica Loggi)
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