Arriva il seggiolino salva bambini. Per non dimenticare i propri figli…

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

La Commissione parlamentare trasporti ha appena approvato il disegno di legge che aiuta i genitori a non dimenticare in macchina i loro figli. Ebbene sì, nell’era iper tecnologica dove la vita viene scandita a ritmo di selfie e il cellulare contiene ogni più piccolo segreto, ragion per cui nessuno lo lascerebbe mai incustodito, capita di scordarsi dei bambini. Con questo provvedimento diventerà obbligatorio avere a bordo un seggiolino speciale che emette segnali luminosi e acustici quando si spegne l’auto. «Un traguardo importante» lo definiscono i firmatari e forse lo è sul serio, però non fornisce risposte alla principale e più importante domanda: come si fa a dimenticarsi di un figlio? La cronaca racconta spesso di morti assurde e inaccettabili, piccole creature innocenti di appena pochi mesi di età abbandonate in auto da papà e mamma stanchi, distratti, presi da altri pensieri, dai tanti impegni, dal lavoro, dalla paura di fare tardi a un appuntamento. Ma non sempre. Tempo fa ho ascoltato le dichiarazioni del papà di Piacenza che ha lasciato il figlio di due anni nel parcheggio per ritrovarlo diverse ore dopo senza vita. Non sapeva darsi una spiegazione. «Era un periodo normale, non avevo scadenze particolari e nemmeno preoccupazioni serie. Ero felice».

Poveri noi, come accidenti siamo ridotti. Abbiamo una vita molto intensa e ricca di stimoli sotto tutti i punti di vista, abbiamo ambizioni, progetti, impegni, contatti, siamo nel terzo millennio e ridiamo dei limiti delle generazioni che ci hanno preceduto, e poi abbiamo bisogno di un congegno che ci ricordi che, in effetti, nella nostra bella e moderna esistenza ci sono pure i figli. Gli esperti parlano di “amnesia dissociativa”, una patologia per la quale si perderebbe temporaneamente consapevolezza di una parte della propria esistenza. In pratica abbiamo sconfitto tante spaventose malattie, abbiamo trovato la maniera scientifica per migliorare la qualità della vita e prolungarne la durata, e strada facendo ne abbiamo creata una del tutto nuova, chissà se curabile. Forse bisognerebbe pensare di meno alle cose materiali e parlare di più, interagire in ogni situazione, in casa e fuori, durante il tragitto in macchina come pure al rientro, ricordarci chi siamo, ristabilire le priorità, perché altrimenti temo che il seggiolino speciale non basterà e lo stesso bambino sarà dimenticato altrove.

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