di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Passeggiando per il centro storico di Ascoli Piceno, arrivi anche al ponte romano di Solestà, solenne nella sua tipica forma architettonica, costruito quando nell’impero il governatore era Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, intorno all’anno zero, anno più, anno meno. Un ponte magnifico, di travertino e con la struttura ad una campata, con un arco che ammiri da lontano e quando sei nei pressi non puoi non fermarti, anche se l’hai visto decine o centinaia di volte, anche se ci passi spesso. Un’occhiata attenta o fugace l’attira sempre, meritatamente. Sotto al ponte scorre un fiume di 115 chilometri che è prettamente marchigiano ma che curiosamente nasce in territorio laziale, dalle parti di Amatrice, sul Monte della Laghetta e che rappresenta la linea di confine tra Marche ed Abruzzo, nel tratto che comprende Castel di Lama fino alla foce. Regioni, quelle, che hanno molti comuni con il Tronto nel loro nome, come Civitella, Arquata, Monsampolo, San Benedetto. E come Pescara del Tronto dove il fiume nutre l’acquedotto che dà un’eccellente acqua a tutta la provincia di Ascoli Piceno ed oltre. Ma Pescara, frazione di Arquata, non c’è più, come tutti sappiamo. Non si può fare a meno, oggi, di considerare il Tronto come il fiume della memoria. La maggior parte dei luoghi abitati che attraversa ha vissuto l’incubo del terremoto.
Ma un fiume è sempre un fiume, simbolo di speranza, forza, generosità, fiducia nel futuro.
Vediamolo un po’ da vicino, sorvolando sulla visione didascalica ed occupandoci a volo di rondine di curiosità storiche e attualità. A partire dal nome. Plinio il Vecchio lo chiamava Truentum. In altri autori vediamo leggere modifiche, come Truentus o Troentum. La ragione del nome ci è un po’ più evidente se consideriamo le città rivierasche della foce del fiume, nel mare Adriatico, San Benedetto e Martinsicuro. Quest’ultima, in epoca romana, si chiamava Truentinum. Restando in tema di nome, dal latino all’italiano, passando per il dialetto locale, non dimentichiamo che un ascolano doc ha un solo modo per chiamare il fiume: “Trùndë”. E direi che anche al di fuori delle antiche mura della città di Ascoli, fino al mare di San Benedetto, tutti lo chiamiamo più o meno così, quando ci ricordiamo che anche il dialetto ci appartiene e da’ quel senso di identificazione con il territorio che piace a prescindere da quello che si fa, o dove si vive.
Per concludere il capitoletto storico, il Tronto ha avuto l’onore di essere la demarcazione tra due stati importanti antecedenti la nostra Italia unita: lo Stato della Chiesa e il Regno delle Due Sicilie. Da un punto di vista più prettamente naturalistico, la qualità e la quantità di acqua che il fiume porta al mare, dopo aver alimentato importanti e strategiche centrali idroelettriche, oltre all’acquedotto, ed attraversato aree industriali e produttive, derivano da affluenti di grande fascino e bellezza ambientale, come il torrente Scandarello nel tratto laziale e il Castellano, suo affluente principale nelle Marche. Ma sono tanti i contributi, derivanti dalle acque dei monti della Laga, dei Sibillini, ovvero l’elegante Vettore, e del monte dell’Ascensione.
Quando si parla del Tronto va considerata anche la foce che non è semplicemente l’atto conclusivo, la dispersione nel mare, tutt’al più con un delta significativo. Nel caso di questo fiume, la foce ha un valore aggiunto notevole: è attigua la Riserva naturale regionale Sentina, integrandola in un unicum ambientalistico particolarissimo. La riserva è nel territorio di San Benedetto del Tronto e si estende per circa 178 ettari tra piccole dune sabbiose, paludi, laghetti, vegetazione tipica e una fauna gratificata da molte specie di uccelli migratori, senza dimenticare la Torre del Porto, antico edificio di avvistamento del 1543.Pur non essendo un fiume maestoso per dimensioni e portanza (è solo 45° nella graduatoria dei fiumi italiani per lunghezza), di certo ha da raccontare le sue particolarità, la bontà delle acque, la bellezza di alcuni tratti, l’intessuto con la storia, con gli habitat, con il vissuto delle sue valli, con l’economia. É il nostro fiume.
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