di GIUDITTA CASTELLI –
Si è aperto il nuovo anno scolastico: tanti buoni propositi, vecchi problemi di organizzazione, ma soprattutto la consapevolezza di dover affrontare l’emergenza educativa che sta crescendo a vista d’occhio. Il report di Telefono Azzurro per 2017 indica che del 10% delle richieste di aiuto riguardano episodi di bullismo e cyber bullismo. Di queste il 46% proviene dal Nord Italia, seguono il Sud e le Isole con il 31% e il Centro con il 23%. Il bullismo fa paura, soprattutto nella sua versione web, e coinvolge secondo una ricerca effettuata sempre da Telefono Azzurro insieme a Doxa Kids, la fascia di età fra i 12-18 anni. Ma è un fenomeno in crescita il cui seme trova terreno fertile già nella Scuola primaria, soprattutto negli ultimi anni, quando si dovrebbe aver già conquistata la capacità discernere ciò che è bene da ciò che è male.
Le azioni devianti riguardano le angherie tra coetanei, ma anche violenze e minacce contro gli insegnanti ad opera degli studenti bulli e dei genitori che infieriscono verbalmente e, a volte, anche fisicamente sugli insegnanti dei loro figli. Dal settembre 2017 a giugno del 2018 si sono accertate su docenti 33 violenze fisiche su 81 violenze fisiche stimate. Una media di quattro episodi a settimana (dato diffuso dalla rivista Tuttoscuola). Senza trascurare le ingiurie contro i docenti trasmessi con i social network attraverso gruppi whatsapp e post facebook.
Quindi nessuna meraviglia hanno suscitato le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella pronunciate lunedì 17 settembre, in occasione dell’apertura del nuovo anno scolastico, all’Istituto tecnico commerciale e per geometri “Giuseppe Cerboni” di Portoferraio, sull’Isola d’Elba: «Qualche tessuto è stato lacerato nella società. Alcuni gravi episodi di violenza – genitori che hanno aggredito gli insegnanti dei propri figli – rappresentano un segnale d’allarme che non va sottovalutato. Il genitore-bullo non è meno distruttivo dello studente-bullo, il cui rifiuto cresce sempre di più nell’animo degli studenti, a scuola e nel web»». Da qui il monito del Presidente a non tollerare più alcuna forma di violenza a scuola.
Oggettivamente è difficile misurare tutta l’estensione del fenomeno. Primo fra tutte l’incontrollabilità della rete. C’è poi la “storica” omertà che caratterizza la Scuola, ambiente protettivo per eccellenza. Le cause vanno dal timore di “segnare” il bullo, a quello delle reazioni dei genitori, all’obiettivo di salvaguardare l’immagine dell’Istituzione scolastica.
A livello territoriale e di singola istituzione scolastica gli strumenti per prevenire e combattere il fenomeno esistono già: dai progetti di prevenzione, dall’ammonizione, alla denuncia attraverso le vie gerarchiche della scuola, ma anche attraverso il ricorso alla giustizia ordinaria. Solo con un’azione forte e sinergica, che vede docenti e genitori complici e non nemici, è possibile salvaguardare il diritto di crescita dell’alunno, in quanto uomo e cittadino, restituire dignità e autorità alla professione docente, contribuire alla sicurezza della Società e alla tutela dell’immagine della Scuola.
«La scuola deve unire e non dividere o segregare. Deve moltiplicare le opportunità, non ridurle. La scuola deve generare amicizia, solidarietà, responsabilità e mai seminare odio, rancore, volontà di sopraffazione, discriminazioni di qualunque genere» è l’appello del Presidente, ma per far ciò ciascuna Comunità Scolastica deve usare tutti gli strumenti in suo possesso. Anche il Governo e il Parlamento, come ha ribadito Mattarella, devono fare la loro parte per prevenire e combattere il bullismo, il cyber bullismo giovanile e sostenere il ruolo dei docenti e dei dirigenti con iniziative ad hoc.
Ad oggi, comunque, non mancano azioni che tentano di ridurre il fenomeno. É il caso di YouPol, l’app che ha lo scopo di permettere a tutti, giovani e adulti, di interagire con la Polizia di Stato, consentendo l’invio di segnalazioni di episodi di bullismo, anche di quelli di cui si è stati testimoni o si è venuti a conoscenza. Si possono così inviare immagini o segnalazioni scritte (link, pagine web, ricezione messaggi, informazioni orali) direttamente alla sala operativa della questura, anche di una provincia diversa. L’app permette anche di fare una chiamata di emergenza alla sala operativa (113 o 112).
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