di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Via Mario Curzi, a San Benedetto del Tronto, è un’elegante strada che entra nel vivo del centro urbano, fin dentro l’isola pedonale. Il flusso pressoché continuo delle auto si stempera tra i passaggi pedonali nell’incrocio con il viale Secondo Moretti, nel via vai delle persone nell’area salottiera per eccellenza, tra negozi, boutique, locali per apericena, bar, artisti di strada sempre più raffinati, i moderni monumenti, la storica fontana. Probabilmente, non tutti sanno che quel nome, Mario Curzi, è di un brillante cittadino che è vissuto a cavallo dei due secoli precedenti e che ha lasciato un’impronta importante in campo scientifico. Se fosse ancora in vita, oggi avrebbe 120 anni, essendo nato nel marzo del 1898 e certamente avrebbe avuto modo di dare un ulteriore contributo nella micologia e fitopatologia. I suoi studi e le sue ricerche si sono interrotte a 46 anni, quando ha cessato di vivere, dopo oltre cinquanta pubblicazioni scientifiche, direzione di laboratori, docenze universitarie, incarichi ministeriali, consulenze accademiche e relazioni congressuali in tutto il mondo.
Mario, da piccolo, lo dobbiamo immaginare come un bambino non comune, vivace, dotato di grande curiosità per la natura. Nei primi anni del secolo ventesimo, con gli echi della modernità industriale e con un’Italia ancora giovane di costituzione, il ragazzo ha sempre voglia di correre fuori paese, in campagna, sui colli adiacenti. Talvolta solo, altre con i suoi compagni di scuola, di parrocchia, di rione. Il giovane Curzi è carismatico, sa coinvolgere e infondere curiosità e partecipazione. Ma è lecito supporre che mentre i suoi piccoli amici volessero prevalentemente solo giocare, lui, già scienziato negli atteggiamenti, osserva, esamina, contempla, analizza. E cresce. Cresce nella voglia di saperne sempre di più, superando le barriere culturali del tempo.
La formazione scientifica, decisiva per le sue scelte future, la riceve ad Ascoli Piceno, frequentando la Scuola Agraria. Da lì, si sposta dapprima in provincia di Cuneo per seguire la Scuola Enologica, poi a Pisa dove si laurea alla Facoltà di Agraria, nel 1924. Dopo alcuni mesi di insegnamento in una scuola della propria provincia, a Ripatransone, inizia la collaborazione con l’Università di Pavia. Sono anni fondamentali, per perfezionare la sua preparazione e farsi notare. A lui si deve la revisione dell’Erbario Patologico, sviluppandolo ed ampliandolo, nonché la realizzazione di una raccolta di culture di funghi parassiti. Impegni, questi, che gli saranno d’aiuto per ottenere la docenza della cattedra in Patologia Vegetale e Micobiologia. Argomenti che lo vedranno negli anni sempre più impegnato, divenendo un riferimento certo in campo accademico.
Ma che tipo era Mario Curzi? A leggere le fonti documentate, custodite dall’Archivio Storico di San Benedetto del Tronto, e in particolare la biografia curata da Francesco Palestini, si vede un uomo sempre pronto, entusiasta, innamorato del proprio lavoro, dotato di grande intuito e che non si ferma davanti ad ostacoli e alla stanchezza. È tenuto in alta considerazione in tutto il mondo scientifico, sia in Europa che in altri continenti, addirittura in Giappone e Australia. Dopo la collaborazione con l’Università di Pavia, si sposterà a Roma dove resterà a lungo e presterà consulenza a più livelli, accettando, tra altro, anche una missione scientifica in Somalia su incarico ministeriale. Viaggerà molto all’estero, spesso in veste di relatore in congressi internazionali. Tra le tante collaborazioni, è degna di nota quella di consulente con la celebre enciclopedia Treccani.
Nonostante tanto movimento, impegno ed incarichi, Curzi torna frequentemente a San Benedetto del Tronto. Gli piace rivedere i luoghi che gli hanno dato il primo stimolo, gli fa piacere incontrare vecchi e nuovi amici, allaccia dialogo con chiunque. E ci piace immaginarlo seduto su una panchina, dopo una passeggiata in pineta e conversare con chiunque fosse lì, del più e del meno, con estrema naturalezza. Con semplicità senza mai salire su un piedistallo di vanità. Per i suoi concittadini, il prof. Curzi è ancora Mario.
Morirà troppo giovane, nel luglio del 1944. E per quanto, in quei tempi, i mezzi di comunicazione erano essenziali, la sua notorietà era talmente evidente che gli viene dedicata la via centrale di cui abbiamo parlato all’inizio e, successivamente, vien dato il suo nome ad un edificio scolastico della Scuola Media Statale.
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