di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
La festa più attesa dai bambini, l’Epifania, ha storia e significati più ampi, da quello religioso al folcloristico. Nei modi di dire, non è raro sentire “l’Epifania ogni festa porta via”. Effettivamente chiude un periodo, quello natalizio. Addobbi da disfare, riordini da effettuare, ferie e vacanze scolastiche che si concludono. Tutto riprende, nella classica illusione che il nuovo anno sarà probabilmente migliore del precedente. Di certo, è il periodo solitamente più freddo, che ci vede più pigri e con il pensiero “oltre”. L’Epifania, anche sotto il profilo numerico è interessante. Cade il 6 gennaio, esattamente dodici giorni dopo il Natale. Probabilmente, un esperto cabalistico saprà esplorare dei significati suggestivi. Ma torniamo alla nostra cultura e alle origini della festa che è propria della cultura cristiana.
Il termine deriva dal greco ed ha a che fare con concetti quali “rendersi manifesto”, riferito alla divinità. Nello specifico, a quella della Natività di Gesù. Infatti, non dimentichiamo che nella tradizione del presepio, le statuine dei Magi vengono messe in ricorrenza dell’Epifania. Portando dei doni. Da qui, sembrerebbe automatica l’estensione al regalo di giocattoli ai bambini e, più in generale, l’avvio dei saldi nella consueta abitudine dei nostri tempi di trasformare i significati religiosi in modernità laica e consumistica. Ma c’è qualcosa di più.Nel folclore, abbiamo la bella favola della Befana. Difatti, il termine Epifania, può essere tradotto dal greco anche come Befana, dando quindi una doppia lettura, in dualismo tra sacro e profano, lasciando idealmente ai Re Magi il compito di unire i simbolismi.
In Italia, la tradizione della “Befana” ha avuto larga diffusione, molto più che in altre nazioni. Tutti noi, da bambini, aspettavamo la sera del 5 gennaio, con la solita letterina da mettere nel caminetto o nel luogo in cui si attendeva l’arrivo della vecchietta con la scopa magica, lontana parente del Babbo Natale in slitta nella fantasia infantile. E, immancabilmente, l’indomani trovavamo la sorpresa, al nostro risveglio. Non sempre combaciante con il desiderio espresso, ma tant’è che una valida spiegazione c’era sempre. La mamma sapeva argomentare bene come mai la vecchia signora avesse deciso per un regalo diverso. E già era tanto che nella calza non trovavamo il temibile carbone. Per la verità a volte c’era, magari in forma di dolcetti e in abbinamento a qualche altra sorpresina piacevole. Insomma, i nostri genitori si sbizzarrivano con creatività nell’Epifania, molto di più di quanto accadeva con Babbo Natale, dove tutto era più standardizzato e prevedibile.
Come spesso accade, le attuali feste nascono da altre, più antiche, legate a culture precedenti, secolarizzate, propiziatorie, di natura pagana. È così anche per l’Epifania dove però non abbiamo certezze ma ipotesi plausibili. C’è chi la fa risalire alla cultura celtica. In Nord Europa, si immaginava la Befana come una vecchia ingobbita, non propriamente di bell’aspetto, dai bianchi capelli spettinati, rozzamente vestita e che volteggiava disinvolta sui campi agricoli per renderli più fertili. Nell’antica Roma c’era qualcosa di simile. Il comportamento di Madre Natura nei dodici giorni del solstizio invernale era significativo per i dodici mesi a venire. E la dodicesima notte veniva festeggiata come una fine ed un inizio, una rinascita.
Nel tempo, alla ricorrenza fu associata l’abitudine dei regali. Nei secoli a venire, la Chiesa inizia a delegittimare i significati pagani (la Befana talvolta viene associata ad una strega) ma buon senso ha voluto che in epoca più recente si sono lasciate convivere le diverse “anime” delle tradizioni, lasciando all’Epifania entrambi i volti: quello sacro, relativo alla natività di Gesù e quello più terrena, legato ai sorrisi dei bambini quando vedono, naso all’insù, scendere la Befana da un campanile, con un bel cesto pieno di sorprese.
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