di GIUSEPPE FEDELI –
Chissà che la Befana quest’anno non sia planata a cavallo della sua scopa sulle macerie dei paesi devastati e abbandonati dall’incuria di una burocrazia riprovevole. E sui marciapiedi di chi non ha un tetto sotto cui riparare. Sì, a portare regali, cioccolata e anche un po’ di carbone ai bambini e agli adulti che, pur con fatica, (leggi: lacrime e sangue) si sono dovuti assuefare a una realtà che mai immaginavano di dover vivere. La vecchietta si è appollaiata su un cucuzzolo di macerie (o sui marciapiedi stanchi e derelitti) coperto dalla bianca coltre, suggestivo a vedersi perché trasforma d’incanto una miserabile nudità. Ha aspettato frotte vocianti per distribuire a chi caramelle e cioccolato, a chi torroncini e chi più ne ha più ne metta. Non è molto ricca la Befana quest’anno, si è dovuta adeguare giocoforza alla contingenza, come si dice con un termine odiosamente burocratese. Però è stata benevola nei luoghi dove la morte si è paurosamente affacciata, dove è stato toccato lo zenith della disperazione: in vesti simboliche, a rammentare le storie raccontate attorno al desco di brodo fumante e agnello, o raccolti attorno al focolare scoppiettante, che proietta ancora ombre sghembe sui muri scrostati, ad evocare una realtà che non c’è più. Ma che – ce lo auguriamo tutti, sto parlando degli uomini di buona volontà – passata l’incredulità disperante di momenti di puro terrore, ritornerà nel segno della solidarietà a ripopolare località e paesi ormai dimenticati. E allora a sopravvivere sarà questo anelito, a unirsi, a mettere insieme le proprie risorse e ad appellarsi a quello che è rimasto per poter ricostituire una comunità a dispetto degli interventi di terzi che probabilmente non arriveranno mai, a questa volontà indomita di continuare nonostante tutto a guardare avanti, stringendosi in un cerchio magico per poter far rivivere una favola e trasformare gli incubi in sogni ad occhi aperti. E, comunque sia, vestiti di dignità, orgoglio, decoro. Dentro una ferita bruciante che non si rimarginerà mai più, in questo saliscendi di emozioni una vecchietta si sarà ricordata – mi piace immaginarlo – di gente lasciata a se stessa, al freddo e al gelo dentro casupole che definire stamberghe è troppo. Sì sì, la Befana non si è scordata di regalare un sorriso. Il sorriso e l’accondiscendenza del buon tempo antico, di benedire la vita, pur nelle sue asprezze e ingratitudini, ad aprire uno spiraglio alla speranza, che è sempre l’ultima a morire.
Giuseppe Fedeli – Avvocato, Giudice di Pace di Fermo
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