di GIUSEPPE FEDELI –
Si sta imponendo una teoria che pretende di sovvertire uno dei fondamenti della convivenza umana negando la verità fondante del maschile e del femminile, la coppia XX e XY che da sempre distingue un sesso dall’altro. Posto che il rispetto di ogni persona umana, qualunque inclinazione sessuale abbia, è fuori discussione, nondimeno, oggi, nel mondo occidentale, il gender si è trasformato da teoria socio-psicologica a proposta politica. I suoi sostenitori la traducono, infatti, in programmi scolastici e in iniziative legislative. Sotto la problematica del gender si sta in parole povere insinuando il tentativo di dare forma a una visione della vita umana omologata alla ideologia del gender e alla dittatura del pensiero unico.
«Sconcertante – per non dire peggio – forma di indottrinamento pro-gender e trasgender operata dalla Rai nei confronti di una classe di bambini dai nove ai dodici anni per lo strumento di Vladimir Luxuria, al secolo Vladimiro Guadagno. È auspicabile che i responsabili di questa aggressione morale nei confronti di minori vengano individuati, e ne rispondano personalmente»: così Gandolfini, promotore del movimento Family Day, che stigmatizza il fatto che la “pseudo-lezione mandata in onda pochi giorni fa è una forma esecrabile di indottrinamento a soggetti privi della struttura cognitiva e culturale per recepire correttamente un tema di alta complessità come la disforia di genere ed il cambio di sesso”.
La gendercrazia è alla base di uno stravolgimento antropologico che mina i fondamenti della sessualità umana, funzionalizzandola agli obbiettivi di chi fa del commercio il motore di ogni scelta, per assurda che sia. Annullare il maschile e il femminile, spiega lo psicanalista Mario Binasco, introduce la realtà di un godimento usa e getta ancor più spinto di quello in voga oggi, dove non si sanno più riconoscere, nominare i sentimenti. Crollano, in tal modo, barriere etiche, legami, mondi religiosi, frantumati da un consumo smodato di umanità, ipocritamente camuffato da progetto culturale che si presenta, peraltro, in veste estremamente costrittiva e intollerante.
Basti pensare che fu ventilata in Parlamento una proposta di legge, con punizioni da codice penale, per chi non si uniformasse a certi diktat. Ad oggi sono stati “individuati” ventisette gender, con relativo statuto propagandato dai social network. In paesi come la Germania si sta guidando l’orientamento degli “indecisi” sul piano dell’identità sessuale, a forza di ormoni, sdoganati come “ausilio” a madre natura.
Il che suona come una plateale sovversione del versetto biblico della Genesi nel quale si legge: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gn 1, 27). Non sono più possibili, attualmente, i turbamenti adolescenziali, quando la linea di demarcazione tra maschio e femmina è sfumata, e si esplorano strade che poi sfoceranno nell’acquisizione dell’identità sessuale. Ritorna, sotto diverse spoglie, ben più inquietanti, lo spettro del Sessantotto, con la sua furente iconoclastia, compendiata nello slogan: i filosofi hanno, finora, interpretato il mondo, si tratta invece di cambiarlo.
Oggi c’è un’unica finalità: modellare l’individuo secondo le necessità del momento, in nome di un relativismo etico e personalistico. In tal modo la libertà funge da semplice pretesto, e non si riconosce che la libertà è un modo di essere, una disciplina aliena da ogni suggestione e manipolazione.
La teoria del gender è un progetto culturale esecrabile, una grande menzogna che punta all’abbattimento di ogni principio: una deriva valoriale, finalizzata ad ossequiare il Pensiero Unico. Il nuovo Super-io vieta e inibisce la proibizione; istiga e spinge al godimento, che però latita, in quanto non c’è più un desiderio da costruire.
E non sparate su chi mostra perplessità verso la teoria del gender, additandolo come untore omofobo, poiché, al di là di ogni schieramento confessionale o tentazione misoneista, essa va ben oltre le inclinazioni e i sogni infranti dei suoi protagonisti.
Giuseppe Fedeli – Avvocato, Giudice di Pace di Fermo
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