La tragedia del piccolo Julen. Ricordando Alfredino

di GIUSEPPE FEDELI –

La tragedia di Alfredino Rampi c’è rimasta dentro, dentro un cuore sanguinante. Come dimenticare quei giorni di attesa snervante di speranze disperanti di grida mute di domande lancinanti ? Un infinito dentro un budello, nell’immaginario collettivo, lungo miliardi di miliardi di chilometri, tutti incollati giorni e giorni davanti alla Tv. Una flebile speranza, parto di un calcolo quasi algebrico, un imbuto maledetto lungo 60 metri, nero come la pece, da dove arrivavano i vagiti, le implorazioni sommesse di un bambino: che cosa avrà visto Alfredino: angeli di Luce o l’Angelo della tenebra? Nessuno potrà mai dire che cosa abbia trascorso, in quei momenti lunghi un’eternità, gli occhi vergini di un fanciullo.

Poi, dopo ore ore e ore di scavi, nonostante la solerzia e l’eroismo di tanti uomini di buona volontà, la vicenda finì in tragedia: mai lo scorderemo, sembrava di vivere le fasi di un film horror alternato da ripetuti “ci siamo quasi”, che si spegnevano nel giro di pochi minuti. È stato definito il primo episodio di reality show, dato in pasto al tritacarne mediatico: show che non aveva tanto per protagonista Alfredino, quanto le esigenze di spettacolarizzazione del caso.  “Resta un solo dolce ricordo, la favola che il vigile Nando Broglio raccontò a Alfredo per tranquillizzarlo. Il bambino era spaventato dal rumore della scavatrice e dalle scosse che lo avvolgevano sottoterra. Per non farlo piangere Nando Broglio aveva detto al piccolo che “stava arrivando Mazinga per liberarlo”: è stato pietosamente scritto. Ma la disamina del “tutto fa spettacolo”, con quanto ne consegue – ormai fatto notorio – necessita di altri spazi di riflessione.

In questi giorni è accaduta un’altra terribile vicenda, anche questa dai contorni molto “strani”. Purtroppo il bimbo caduto nel pozzo di nome Julen non ce l’ha fatta. Il piccolo, due anni, di nazionalità spagnola, è stato recuperato esanime nella notte tra venerdì 25 e sabato 26, precisamente all’una e venticinque. Moltissimi speravano di trovare il bambino in vita, anche se le speranze erano ridotte al lumicino, visto che il piccolo non dava nessun segno di vita ormai da molte ore. Resta aperta l’inchiesta della Guardia Civile su come un infante sia potuto cadere nel pozzo. Un alone di mistero circonda le due storie, separate una dall’altra da un arco di 38 anni. Troppi i perché, troppe le domande inevase, gli interrogativi circa le cause di quanto accadde a Vermicino, e di quanto è cronaca attuale. Il nodo sarà sciolto nel Cuore paterno di Dio: quel che spetta a noi, platea impotente, è non dimenticare chi, quale che sia stato il dipanarsi degli eventi, è rimasto orfano di una ragione di vita, che è poi l’unica.

Giuseppe Fedeli – Avvocato, Giudice di Pace di Fermo

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