Shakespeare sprint al Concordia con “Romeo e Giulietta. L’amore è saltimbanco”

di ALCEO LUCIDI –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Se è vero che il teatro di Shakespeare si presta facilmente alle più diverse declinazioni, essendo stato concepito come canovaccio da riscrivere assieme agli autori ed il pubblico in quei grandi contenitori di vicende che erano i teatri del Seicento, allora non si è usciti affatto esterefatti nell’assistere alla tragicommedia “Romeo e Giulietta. L’amore è saltimbanco”, portata in scena mercoledì e giovedì 6 e 7 febbraio dalla compagnia Stivalaccio Teatro. Anzi, il tono ridanciano con cui Shakeaspeare è stato reso, unito ad una grande padronanza dei mezzi tecnici degli attori, lasciano emergere il quadro policromatico delle tragedie del Cigno di Statford-Upon-Avon: un misto di immensa, profondissima poesia, alta, solenne, dai tratti struggentemente elegiaci e il registro quotidiano della comicità più grassa.

Inviati dal Doge in persona, dietro lauto compenso, a mettere in scena “ll Romeo e Giulietta”, in occasione dell’arrivo a Venezia di Enrico III di Valois, diretto a Parigi per essere incoronato re di Francia, i due saltimbanchi ed imbonitori Giulio Pasquati (Marco Zoppello, che cura anche l’adattamento e la regia) e Girolamo Salimbeni (Michele Mori) si ritrovano tra le mani un’occasione unica per tornare al loro vecchio “mestiere” di attori ed uscire così dalla condizione di banditori ciarlatani e venditori ambulanti in cui si sono cacciati. Per farlo devono però trovare la figura chiave dell’opera: la bella e casta Giulietta della famiglia Montecchi, innamorata di Romeo (della rivale casa veronese dei Capuleti). In mancanza d’altro, ecco far mostra di sé per Piazza San Marco in Venezia, luogo deputato alla messa in scena, la sboccacciata, amabile e procace cortigiana Veronica Franco (Anna De Franceschi), presa in prestito dalla strada per l’occasione.

Nel gioco degli opposti della farsa, che regge proprio per la modernità e l’elasticità del testo teatrale, tra il colore recitativo delle diverse inflessioni dialettali, i fraintendimenti, le boutade giocate alla meglio, i personaggi buffi riscritti dalla penna del bravissimo Zoppello – come frate Lorenzo che dovrebbe sposare in gran segreto nella sua cella i due sfortunati e celeberrimi innamorati – vi è posto anche per l’improvvisazione nella migliore tradizione della Commedia dell’Arte di ascendenza italiana, con tatto di maschere, guizzi, pantomime, perfettamente trasfusa nell’ordito della trama.

Così tra la chiamata sulla scena di un ignaro spettatore, invitato dietro la guida degli attori ad interpretate per qualche passo Romeo e la collaborazione con il pubblico invocata per reinventare il terzo e quarto atto della tragedia, si snoda un allestimento gradevole, originale, esilarante di grande tenuta e brillantezza, reso in maniera impeccabile da tre giovani interpreti che, dalla nostra specola, faranno sicuramente parlare di loro.

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