di GIUSEPPE FEDELI –
Tanti palloncini colorati, palloni a forma di cuore; rossi, azzurri, gialli, verdi che volano al cielo, un cielo che oggi scoppia d’azzurro. Una festa di colori, un omaggio all’amore, un caleidoscopio di lacrime luccicanti al sole di febbraio, a onorare la memoria di Pamela Mastropietro: la ragazza trucemente assassinata, dopo essere stata stuprata senza pietà, per sfregio, per un divertimento che ha il volto del Male. Stuprata, spezzata a brano a brano: un corpo senza nome stipato dentro una valigia, buttata in un fosso, quasi fosse una carogna da dannare all’inferno, “fiero pasto” per altri avvoltoi. Un trionfo di colori e di cuori, proprio il giorno prima della festa degli innamorati, tanti piedi a calcare il selciato grigio di quel Moloch senza palpiti che chiamano Palazzo di Giustizia: da una parte i sommersi, dall’altra i “salvati”, i dannati che sono stati “difesi” cavalcando l’ipocrisia, una pseudoideologia al servizio dei più bieco mercimonio, la cui posta in gioco sono da un lato gli affetti, dall’altro il dio denaro.
Cortei e manifestazioni che inneggiano alla uguaglianza berciando contro il “razzismo”: agli antipodi, di Pamela restano soltanto le tracce, “miserabili resti” che gridano vendetta; di Pamela niente, nessun corteo, pochissime voci, ma oggi tanti tanti palloncini colorati. Per “gli altri”, invece, sì. In nome del politically correct: perché se ammazzi una adolescente transeat, se invece ammazzi chi ha la pelle nera (fatto esecrabile, è doveroso puntualizzare, al pari di questo assassinio) ti cade subito addosso la taccia di razzista/fascista. Il che è frutto di una politica politicante da quattro soldi, che tira il sasso e nasconde la mano, mistificando ben altre strategie, mirate a un unico fine. Ma il popolo bue ci casca in questa trappola, in patetica genuflessione.
Questo Angelo di nome Pamela, scampato a questo miserabile orbe, non ha nemmeno avuto onoranze funebri decorose: il Vescovo se l’è squagliata prima che arrivassero i genitori, perché non aveva la faccia di guardarli in faccia (horribile visu!), liquidando la “questione” con quattro parole da breviario pro defunctis. La storia finisce, Pamela è morta: e chi muore giace, chi vive si dà pace. Questa è la Chiesa, farisaica e conformista, che fa finta di difendere i deboli: vigliacca, dovrà renderne conto a Dio. Gridiamo dall’altra sponda noi, noi che amiamo il ricordo, il ricordo di questa ragazza che poteva essere nostra figlia, e comunque lo è perché sono tutti figli nostri. Pamela, fiore in boccio, sventrata, bruttata, vilipesa anche dopo la morte. La sentenza di questa giustizia terrena, sempre più deludente, voglio “scriverla” io, ante litteram: se quegli immondi aguzzini non saranno condannati, il palazzo dove si è celebrata una farsa può chiudere definitivamente i battenti. Gli Angeli accolgano te, Angelo con le ali, nella loro gloriosa schiera.
Giuseppe Fedeli – Avvocato, Giudice di Pace di Fermo
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