di PGC –
Sono il figlio della merla. Mia mamma l’anno scorso si accasò al Pino Bar, fece il nido nell’ultima A di GELATERIA. Babbo, dal grande pino vicino, scendeva al volo (è il caso di dirlo) e ci portava da mangiare. A me e ai miei fratelli. Poi se ne andava a spasso. Tra primaria scuola-di-volo e istruzioni varie siamo rimasti lì tutta l’estate. Io dalle elementari sono andato alle medie, ma ancora non scrivo tanto bene… Tra noi c’era anche un passero grande che (adesso si può dire) dentro al Pino Bar addirittura ci dormiva. Mimetizzato dietro le bottiglie di Rum. Però non sporcava. Noi merli cambiamo spesso casa, così a settembre ci siamo salutati e ognuno per fatti suoi. Senza litigare. Noi siamo nomadi, un po’ migranti, ma Salvini ci lascia stare. Per ora. Però a me m’ha preso la nostalgia e son voluto tornare al Pino Bar… magari ritrovo i vecchi amici del gelato, gli umani che mi fotografavano nel nido, il tizio con la bici gialla, Maria che insegue il passerotto e gli dice qua non ci puoi resta’ a dormi’, gli anzianotti del pomeriggio, li frichì che mica tanto per scherzo mi tiravano i sassetti, il treno, i turisti che ma guarda come si sta bene qui…
Ho pensato: scendo giù a prendermi un caffè*… Un colpo al mio piccolo cuore: il Pino Bar non c’è più. Serrande abbassate* Neanche più l’insegna gialla GELATERIA, dove c’era il mio nido comodo. Nessun merlo. Nessun passero. Nessun umano. Nessuno. Ma dipenderà dipenderà*… (?) Ah (ciip, in lingua merla), che decadenza la realtà*.
[*Paolo Conte, Gli impermeabili, 1984 – Per quel che vale, 1992. Quando il Pino Bar c’era…]
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