Il tragico stupore degli ultimi

di GIUSEPPE FEDELI –

SERVIGLIANO – Ha riscosso il plauso generale la manifestazione che si è svolta domenica scorsa, 4 agosto, nella magica piazza di Servigliano, atteso evento che ogni anno si tiene, battezzato “La notte dell’anima”. Ospiti Giobbe Covatta e Andrea Scanzi, il tema dibattuto era “gli ultimi”. Covatta con la sua caustica ironia partenopea si è raccontato attraverso l’Africa, sua seconda (se non prima) patria, ha descritto la ingenuità – che è poi la meraviglia – di popoli allo stato di natura, che non hanno niente ma sorridono sempre. A loro basta il poco che hanno, e quando qualcuno partecipa della loro causa, ne diventa il beniamino. Attraverso cordate e atterraggi improbabili per deserti e ripe discoscese, una ricca aneddotica sulla vita dei villaggi  sparsi qua e là, costellata di humor e boutade al peperoncino, ha allietato l’istrionico intervento.

Chiusa tra lo scroscio degli applausi la prima parte della serata, dopo un interludio musicale, è stata la volta del giornalista Andrea Scanzi. Presenza scenica e fisico asciutto, il suo stile è stato ratificato da un eloquio sorvegliato quanto ricco, e soprattutto da un discorso che ha rifuggito dalla retorica. Sin da principio, il battitore di tanti talk show televisivi ha messo i puntini sulle i: qui si parla di ultimi e di diversità, e questi discorsi sollecitano la lacrima facile perchè un conto è dire degli ultimi, un conto è fare qualcosa per gli ultimi. E così, attraverso i testi di De Andrè e un ricco excursus culturale e musicale, la sua pensosa riflessione è  arrivata al punto focale, anche attraverso storie edificanti, molte delle quali, purtroppo, finite tragicamente.

Davanti a un pubblico sparuto ma attento, prima del commiato, dopo l’assalto dei “forzati del selfie”, mi sono avvicinato a Scanzi e gli ho chiesto: «Ma questi ultimi, e tra questi i cosiddetti diversamente abili, dove li buttiamo?». Molto colpito dalla franchezza del mio essere diretto, ha ripetuto che la sua cautela nell’affrontare il discorso era dovuta proprio a questo, e gliene rendo merito: una persona apparentemente non omogenea all’establishment, e che comunque dice verità  senza nascondersi dietro un dito. Assodato e dato il benvenuto al coraggio delle idee, una volta levata la foglia di fico, vogliamo (far finta di) credere che qualcosa si muoverá? Se non si tratta di discorsi da gauche caviale, sperèm.

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