di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Sei anni e tre mesi. Forse tanti, forse pochi. A me sembravano tanti.
È la misura di una differenza, quella dell’età. Io, il fratello minore. Lui, quello maggiore, con sei anni e tre mesi in più. Significa che quando sei bambino lo vedi come uno grande. Non sembra proprio un fratello, nella piccola mente di chi ha quattro anni, perché lui è grande. Non riesci a giocarci. Ha altri modi per divertirsi, amici grandi come lui, desideri diversi, altre abitudini, altro modo di vedere, altro mondo, sogni con orizzonti più lontani. E così, mentre giocherelli con i tuoi amichetti, piccoli come te, lo osservi come si osserva un mito, uno che sa cos’è la vita, uno che non sbaglia e non sbaglierà.
E viene il giorno che tutto cambia, per entrambi. Lui chino sulla bara del babbo che molto prematuramente ci lasciava, suo malgrado. Mio fratello, ormai diciottenne, era inconsolabile. Io, bambino che cercava di avvicinarsi all’adolescenza, guardavo senza capire. Era luglio inoltrato, giornata di sole e luce. Nostra madre col velo e abito neri, come si usava in quegli anni, non smetteva mai di piangere, mio fratello con lei, una moltitudine di gente ed io, dodicenne in piedi dietro di loro, con la giacca di lana addosso, l’unica che avevo, nel caldo di luglio. Tutto sembra irreale, tutto assurdo e incomprensibile quando si è ancora bambini. Le foto in bianco e nero testimoniano oggi quelle ore indimenticabili.
Da quel giorno, nulla sarà come prima. Mio fratello entra nel ruolo di adulto, inizia a lavorare. La mamma resta inconsolabile. Io sono ancora bambino e mi sento senza scampo. Il carattere muta. Non resta che entrare nell’interiorità, scrigno inviolabile e invisibile, nell’ermetismo e in uno stato di malinconia che conosce momenti di pausa, restando il sottofondo dell’esistenza.
Il tempo passa, siamo tutti adulti, ognuno con le sue esperienze, il lavoro, le famiglie, i figli, gli amici, gli interessi. Tutto è parallelo con momenti di interconnessione. Contatti che fanno piacere. Continuo a vedere mio fratello come quello grande, che la sa giusta. Continuo a pensare che quella complicità infantile che mi è mancata, in qualche modo la si può costruire ora. Penso a occasioni da inventare, progetti da proporre, iniziative da fare insieme. Sì, le penso ma non so raccontarle, non so proporle o, semplicemente, attendo. Attendo che il tempo ci regali il momento giusto, che la magia dell’invisibile sappia creare l’alchimia della trasformazione. Resto fiducioso che il tempo non svanirà, che potrò fare domani quello che non so fare oggi. E così, quell’abbraccio profondo che vorresti dare e ricevere continua ad essere rinviato. Tanto lui c’è.
Dopo la morte di nostro padre, ch’era parso il capriccio di un destino che aveva sbagliato a costruire il suo mosaico, vedemmo quello della mamma, ancora giovane. Se ne andò nella notte dell’Immacolata che lei, nei suoi silenzi, avrà pregato all’infinito. Chi avrebbe mai immaginato che avresti seguito i suoi passi, proprio tu, sempre attivo, instancabile, operoso, pronto a tutto e per tutti? Come in ognuno di noi, in te c’erano luci ed ombre che si miscelavano, momenti alterni di fiducia e delusioni, ma io torno nei panni del bambino, del fratello minore che sono e continuo a vedere solo il sorriso, la voglia di fare, di essere, di costruire. Vedo la capacità di risolvere aspetti tecnici, vedo la versatilità creativa. E vedo quel velo di mistero che ti portavi dentro, quel qualcosa di speciale che forse andava sviluppato un po’ di più. Vedo ciò che eri, nel tuo profondo.
Camminerò, come tante volte, lungo il molo, sceglierò uno scoglio e lì attenderò. Non mi limiterò, come in passato, a perdere lo sguardo tra le onde e l’orizzonte, non starò in attesa di quell’oblio della mente che tante volte era l’antidoto alla tristezza. Attenderò che arrivi, che ti siedi vicino a me, per chiacchierare un po’, anche del nulla. Ricorderemo le tante sciocchezze che si fanno da ragazzi, e qualche volta da adulti. Ricorderemo certi momenti speciali, ma anche quelli banali. E rideremo, cosa che insieme non abbiamo quasi mai fatto, così come debbono fare i fratelli. Ci sentiremo finalmente un po’ complici e confidenti, quando basta uno sguardo per capirsi. Ti lascerò andare, nel tuo nuovo mondo, dopo un abbraccio. E forse il mare apparirà diverso, forse la sua luce avrà nuovi significati, indicando percorsi inesplorati.
Copyright©2019 Il Graffio, riproduzione riservata