di AMERICO MARCONI –
«Impossibile è la definizione di un avvenimento fino al momento prima che succeda.» È la frase intorno alla quale gira l’ultimo romanzo “Impossibile” di Erri De Luca, pubblicato con Feltrinelli. La narrazione si avvia in carcere dove il protagonista viene trattenuto in isolamento per essere interrogato. In montagna è successo un tragico incidente. Un alpinista traversando con passo insicuro la pericolosa Cengia del Bandiarac, in Alta Badia, precipita. L’interrogato che seguiva a distanza quando arriva sul punto si rende conto dell’accaduto e col cellulare chiama i soccorsi. Fin qui, dal punto di vista alpinistico, tutto è corretto. Ma ci sono degli antefatti su cui il magistrato vuole fare luce. I due alpinisti furono nel passato grandi amici fin dall’infanzia e compagni di militanza politica, compiendo atti eversivi insieme. Il precipitato a un certo punto denunciò i suoi compagni facendoli finire in galera e assicurandosi lo sconto di pena. Ecco il capo d’accusa: sull’esile cengia è avvenuto un incontro tra i due con un regolamento di conti. In cui il traditore di un tempo viene spinto di sotto dal tradito.
Il romanzo è avvincente, irresistibile per chi è pratico di montagna e magari conosce la storia di Erri De Luca. Io lo incontrai nell’agosto del 2008. Andai ad Erto per conoscere Mauro Corona e salire il Campanile di Val Montanaia, un obelisco di roccia alto trecento metri, conosciuto da Corona a menadito. Già scrissi dell’incontro: del carattere irruento e scherzoso di Mauro, del suo parlare fluviale, dell’invito a restare a cena con lui. Ma non scrissi che in un tavolo di fianco c’era Erri De Luca asciutto e silenzioso che mangiava composto con una giovane guida. Insieme il giorno dopo sarebbero andati a ripetere una difficile via sul Campanile che Corona aveva aperto da giovane. Il mattino seguente ci rivedemmo su in alto. Io e mia moglie avevamo salito i mille metri di dislivello fino alla base del Campanile. Mauro, Erri e la guida arrampicavano in parete. Ci rivedemmo scendendo al Rifugio Pordenone.
Ma torniamo al romanzo. Per il magistrato è impossibile che due amici con il loro vissuto, dopo tanti anni, vadano a traversare la stessa esile cengia nello stesso giorno e uno dei due precipiti. L’interrogato non è d’accordo: è stata solo una coincidenza. Il pubblico accusatore continua a non credergli ma ascolta con interesse la storia del suo passato e nota l’assoluta imperturbabilità dell’altro. Le pagine più liriche del romanzo il protagonista le scrive a sera alla sua donna, sempre iniziando con “Ammoremio”. Dove le racconta i momenti dell’interrogatorio, i suoi stati d’animo, le sue convinzioni.
Quale sarà l’opinione vincente? Quella dell’accusatore o quella dell’accusato? In realtà solo la montagna lo sa e in montagna s’incontreranno alla fine.
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