di PGC –
Conchiglie in musica al Museo Malacologico con Mauro Ottolini e il suo gruppo. Cupra Marittima, 19 ottobre 2019, ore 21.30 –
L’avevamo dimenticato, che le conchiglie sono gli strumenti musicali a fiato più antichi e più diffusi al mondo. Da sempre, in riva agli oceani, ai mari, ai laghi, una marea di fabbriche ne producono quantità industriali incessantemente, di giorno e di notte, a Natale e a Ferragosto, non un giorno di ferie o di sciopero. Fabbriche “naturali” invisibili, non fanno rumore, non mandano fumi, non inquinano. Senza operai macchine e robot, senza uffici-vendita, marketing, pubblicità. Fabbriche senza padroni.
Non hanno veri concorrenti – neanche Yamaha – le conchiglie musicali. Sarà che il mercato non le chiede, che ai Conservatori non le studiano, che pochissimi le suonano… Loro sono riservate, non seguono le mode, non arrugginiscono (il sale gli fa un baffo), non invecchiano, anzi sono eterne (se non cadono); e tengono sempre l’accordatura perché hanno la musica “dentro”, comprese scale tonalità accordi e via cantando; il tempo no, le conchiglie sono “fuori dal tempo”. Fanno disperare i musicisti: niente tasti, pistoni, corde, chiavi, pedali, qualcosa per comandarle, come gli strumenti inventati da noi. É la conchiglia che comanda, le ubbidisci o lasciala stare. Oppure raccoglila con un inchino, come fan tutti. Forse – senza forse – “ti porterà fortuna, felicità…”
E dunque: metti una sera a Cupra, quando le senti suonare in concerto – a casa loro, nel loro Museo Malacologico più grande del mondo – da MauroOttolinidettoOtto e la sua band. Evento unico, “col patrocinio del Comune ma manco una lira”, il sindaco ragazzo – gratis in prima fila – e la sala mezza piena: non era scontato, ma era naturale che fosse un successo perfetto.
Otto, delle conchiglie di ogni tipo e grandezza apparecchiate sul tavolo – dalla comune Ciprea in poi – non ne dimentica nessuna e una alla volta le suona tutte: vi soffia con più o meno forza, le manipola dentro per “fare” le note, modularle, inventare suoni che non so raccontare.
Lo accompagnano divertendosi i quattro della band: giocattoli rigenerati, bicchieri di plastica, pietre sonanti, pezzi di legno, percussioni tribali sarde, pelli, zucche, strumenti aborigeni, barattoli, dimenticate tastierine Bontempi, strumenti ad acqua, grattugie, piattini sonori… e naturalmente fasci di conchiglie legate e appese come salami. Di “normale”, solo un contrabbasso e poco più.
Non pezzi conosciuti e orecchiabili ma suoni ancestrali e un po’ moderni, ritmi d’Africa e d’Oriente, melodie a intervallo unico come certe musiche primitive, eleganti misticismi medievali, intrecci settecenteschi… e poi tracce chiare di blues, di jazz, di balcanica, di Brazil… Non è Otto che suona le conchiglie – sembra – ma le conchiglie che suonano lui, con il solfeggio interno della loro poesia (A.Branduardi).
E per loro c’è anche, come è giusto, una “Madonna delle conchiglie” che Vinicio Capossela – nel cd Sea Shell di Otto – canta guarnita tutta di conchiglie e fiori… che protegge gli ospiti come i viandanti… che volta l’onda e poi la rivolta… che benedice chi si avventura e chi si appaura… che è vestita di drappi azzurri… che ti guarda muta, senza parole… che ha il volto tinto di un altro colore…
All’uscita dal Museo-Auditorium a due passi dal mare, c’è chi ha in testa fuggiasche note di conchiglie, con quel sapore di sale, sapore di mare.
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