di VITTORIO CAMAIANI –
Se fino a poco tempo fa la domanda che molti si ponevano ogni mattina era “cosa mi metto oggi?”, nel periodo difficile e angoscioso che stiamo attraversando credo che sia passata decisamente in secondo piano. Oggi mi viene dunque spontaneo pormi una seconda domanda: “A chi può interessare la moda oggi?” Di certo a chi vive facendo questo mestiere, che a molti potrà sembrare futile, superfluo, tanto più in questo momento storico. Ma dietro a questa professione piena di luci e di lustrini, ci sono tante persone, molte delle quali vivono dietro le quinte di una passerella che è soltanto la manifestazione più appariscente e glamour di un grande lavoro artigianale. E in questo momento di tragedia mondiale, ovviamente non soltanto nel settore moda ma in tutti, urge la stessa drammatica domanda: “Cosa faremo domani?” e ancora “Come riorganizzarci per tornare a fare quello che facevamo?”
E il futuro della moda? Torneremo alle sartorie di un tempo? Pochi pezzi, ben realizzati, su misura, come se fossimo costretti a riavvolgere il nastro del tempo… Noi dell’atelier Vittorio Camaiani ci siamo dovuti fermare proprio nella fase clou del nostro lavoro: la sfilata di lancio della nuova collezione annullata, così come le date degli atelier per un giorno in diverse città d’Italia. La collezione Primavera-Estate 2020 dunque è improvvisamente diventata una collezione sospesa, nello spazio, dell’atelier dove i capi già pronti ci osservano silenziosi e perplessi, e nel tempo, dilatato all’infinito del dubbio, decreto dopo decreto.
Quest’anno il nostro lavoro toccava un’ispirazione diversa dal solito, guardando a una figura emblematica della storia dell’alta moda italiana, Roberto Capucci. É questa una collezione che ha smosso molti ricordi e le emozioni mai dimenticate di un ragazzo che sognava la moda e che agli inizi della sua carriera nell’atelier di uno stilista marchigiano, approdava nella tanto amata Roma. Ed è in quella Roma lontana, quella dove ancora prendeva forma ogni giorno la haute couture italiana, che è ambientata la collezione “Camaiani nelle stanze di Capucci”. Come in un museo immaginario infatti, ho attraversato le stanze abitate dalle straordinarie creature di Capucci e ho dedicato a lui questa collezione che è al contempo omaggio e riscrittura ironica, citazione e confronto con quel Maestro che Christian Dior definì negli anni Cinquanta “il miglior creatore della moda italiana”.
É una collezione che tocca un po’ tutti i temi iconici del couturier romano, reinterpretati e in un certo senso attualizzati all’epoca moderna, senza però perdere la sontuosità del Capucci degli anni Cinquanta e Sessanta. Questa collezione costruisce un ponte tra passato e presente, ricchissimo di proposte stilistiche e cromatiche in un gioco continuo di citazioni dal giorno alla sera.
Si comincia con i capi disinvolti e sofisticati della parte giorno, che in un gioco ironico di corde da pacco e tessuti che assomigliano a carta stropicciata prendono la forma di scatole immaginarie da inviare a Capucci stesso, con tanto di cartellini in seta con il nome del destinatario ricamato a mano. Sono le scatole da cui emerge poi la collezione nella sua parte più colorata e couture, evidente omaggio agli stilemi di Capucci, tra batik dipinti a mano in un arcolbaleno di ventagli, capi lavorati a plissé, tute da sera ricoperte di rouches e abiti da sera nelle nuances cromatiche care a Capucci, in un vortice di rosa, fucsia, giallo, verde e rosso.
Dunque è questo quanto abbiamo dovuto lasciare sospeso. Ma attendiamo. Guardiamo avanti. Restiamo pronti alla riapertura del mondo. E non vediamo l’ora di riprendere il nostro lavoro pieno di colore e fantasia, perchè anche di quella ci sarà bisogno. Ripartiremo appena sarà possibile con piccoli défilé personalizzati, “Una cliente alla volta”, con la possibilità di scegliere tessuti e colori.
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