di REDAZIONE –
RIPATRANSONE – Il 4 luglio, nella chiesa di Sant’Agostino di Ripatransone, si è svolta la riapertura in contemporanea delle 10 sedi dei Musei Sistini del Piceno della Diocesi di San Benedetto del Tronto, Montalto Marche e Ripatransone. Voluta fortemente dalla direttrice Paola Di Girolami, la cerimonia ha visto la partecipazione di numerose autorità civili e militari del territorio, come il prefetto di Ascoli Rita Stentella, la vicepresidente della Regione Marche Anna Casini e tutti i sindaci dei Comuni che hanno una sede museale. Sono stati loro i protagonisti della riapertura, immortalata da un suggestivo video trasmesso nel corso dell’incontro presieduto dal vescovo Mons.Carlo Bresciani insieme con don Giorgio Carini, delegato ai Beni Culturali della Diocesi. Ospite d’onore, Mons.Stefano Russo, ascolano, segretario generale della Cei, di cui è stato anche direttore dell’ufficio Beni Culturali. L’alto prelato, molto conosciuto nel Piceno e non solo di nome, non ha nascosto di sentirsi “a casa”. Allo stesso modo Paola Di Girolami non ha saputo nascondere la sincera emozione di averlo accanto, in memoria di una lunga amicizia nata all’ombra delle fasi organizzative della struttura museale, nel 1998, con soli 3 Comuni aderenti, con tante idee e poche risorse. Un ringraziamento particolare da parte di Paola di Girolami è andato al consigliere regionale Fabio Urbinati: «Non solo perché è sempre presente alle iniziative organizzate dai Musei Sistini del Piceno. Il consigliere Urbinati è fautore di una legge, che sarà discussa a breve, per il quinto centenario della nascita di Sisto V, un evento culturale di grande rilievo, all’interno del quale ha voluto inserire anche un sostegno per i Musei Sistini». I Musei Sistini del Piceno sono riaperti in tutti i Comuni dal 5 luglio al 13 settembre.
Di seguito riportiamo il discorso di Mons.Stefano Russo, che ha ripercorso le tappe della nascita dei Musei Sistini del Piceno – “iniziativa profetica” li ha definiti – ed evidenziato le caratteristiche.
«Ciò che voi tutti state facendo oggi (la riapertura, ndr) rappresenta un segno importante non solo per il nostro territorio ma per tutta la comunità italiana. Sembra paradossale, specialmente in una situazione di disagio ed emergenza come quella odierna, occuparsi di beni culturali che appartengono al passato. Eppure, chi lavora e si impegna per preservare e diffondere la conoscenza di tali beni conosce il loro significato profondo e porta con sé la coscienza viva che questi appartengano all’oggi. Più volte ho avuto modo di collaborare con i Musei Sistini del Piceno, che grazie alla loro iniziativa originale e attenta al territorio, hanno permesso di arricchirmi durante il mio percorso sacerdotale (ad Ascoli nella chiesa di San Giacomo della Marca, ndr). E oggi sono qui per complimentarmi per il coraggio che manifestate come comunità cristiana, di impegnarvi a ripopolare questi musei.
Ventidue anni fa, con la prima proposta della formula dei Musei Sistini, è stata compiuta un’azione a mio parere profetica: un segno per tutta la comunità nazionale. É importante che noi, con la determinazione che ci contraddistingue in quanto marchigiani, continuiamo ad impegnarci e a far sì che la buona notizia della riapertura possa diffondersi tramite le azioni di ognuno di voi. E questa è davvero una buona notizia, per i cristiani e per le amministrazioni che investono e sostengono questa formula, permettendo a tutti di scoprire le bellezze straordinarie celate tra le colline del nostro territorio.
I Musei Sistini sono stati formulati in linea con le caratteristiche dei Musei Diocesani. Questi ultimi, creati a metà del secolo scorso, sono originariamente nati come luoghi di conservazione per le opere che non potevano più essere tenute a dovere all’interno delle chiese, spesso oggetto di furti. Il loro obiettivo è tuttavia più grande: un Museo Diocesano racconta una storia e lo fa mettendo insieme tutti gli elementi necessari. La coraggiosa scelta fatta 22 anni fa è scaturita dall’idea che fosse importante portare le persone a conoscere un patrimonio nel luogo dove esso si trova, rispettandolo nel suo contesto.
Quando un bene nasce all’interno di una chiesa non bisognerebbe mai toglierlo, se non costretti, perché non sia impoverito del suo valore. Questa idea di aprire dei Musei in prossimità al luogo di origine delle opere esposte corrisponde all’idea del Museo Diocesano, che porta avanti l’obiettivo di raccontare la storia della Chiesa e della gente che vive o che ha vissuto in quel territorio. L’operazione portata a compimento da una Diocesi ha una valenza culturale e sociale straordinaria o, come la definiamo noi sacerdoti, “pastorale”. Il suo valore è anche conferito dal coinvolgimento delle amministrazioni locali e dalla forte crescita che ha accompagnato l’iniziativa, che dagli iniziali 3 musei ne conta oggi 10, persino in un territorio così profondamente segnato dal terremoto.
La formula del Museo Diocesano richiede un’attenzione particolare alla formazione delle persone che ne fanno parte e io posso testimoniare che all’interno dei Musei Sistini questa caratteristica non viene trascurata. E i risultati parlano chiaro, numerose sono le iniziative portate a termine, non solo grazie ai contributi dell’8 per mille, ma soprattutto per l’impegno e l’energia di chi è in grado di leggere il proprio territorio, per capire dove agire. Quando sono stato vescovo della Diocesi di Fabriano-Matelica, un territorio molto simile a questo, ho potuto conoscere il legame tra la gente a questi luoghi: la riapertura era uno degli eventi più attesi. E decidere di riaprire rappresenta un gesto coraggioso e un segnale importante per il tempo incerto in cui viviamo.
Noi vogliamo che questi luoghi siano frequentati e diventino punti di incontro fra le persone di età, culture, fedi e contesti sociali differenti. I beni culturali sono una ricchezza viva nel nostro tempo, anche per le persone che ci lavorano. I corsi di formazione (che si concludevano con degli esami) che abbiamo istituito nel ’96, coinvolgendo quasi tutte le Diocesi marchigiane facevano sì che i partecipanti acquisissero le conoscenze necessarie ad introdurre il visitatore all’interno di un patrimonio che, se non conosciuto, non permetteva di apprezzare la storia del suo popolo. I Musei Sistini sono un luogo vivo, un’istituzione culturale da cui partono iniziative che permettono di attrarre persone.
Durante il mio percorso ho potuto osservare il lavoro svolto nell’ambito della catalogazione dei beni culturali. Prima tra tutte, la Diocesi di San Benedetto-Ripatransone-Montalto, che lavora su reperti artistici e sull’inventario dei beni bibliotecari. In tutta Italia, dove è stata compresa l’importanza di investire su questi beni, molti giovani si sono avvicinati alle Diocesi e hanno partecipato all’azione di catalogazione, inventario e conservazione, avendo modo di accrescere le loro conoscenze. I Musei Sistini incarnano la natura del progetto culturale italiano: persone che hanno la possibilità di ampliare le proprie conoscenze tramite la Chiesa, portando un contributo alla nostra nazione».
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