di REDAZIONE –
Con la poesia Estate iniziamo gli incontri su Cesare Pavese curati dal “nostro” Americo Marconi. E lo faremo attraverso letture e scritti dello scrittore e poeta che morì settant’anni fa, il 27 agosto del 1950. La poesia Estate fa parte della raccolta Lavorare stanca che Pavese pubblicò una prima volta nel 1936 con le Edizioni di Solaria a Firenze. L’intervento della censura obbligò il poeta a escludere quattro poesie; proprio mentre scontava, per le sue idee antifasciste, il confino a Brancaleone Calabro. L’attuale silloge uscì sotto i bombardamenti nel 1943 con Einaudi. La fascetta del libro, scritta dallo stesso poeta, riferiva: «Una delle voci più isolate della poesia contemporanea».
Estate
C’è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell’erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un’erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d’aria
e il prodigio sei tu. C’è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
Le parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.
Poesia di Cesare Pavese letta e interpretata da Americo Marconi
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