di TONINO ARMATA –
É arrivata alla fine anche in Italia la tanto temuta seconda ondata dell’epidemia di Coronavirus. E il nostro Paese si prepara a combatterla ancora. Il Covid-19 è un nemico, un virus che preferiremmo non aver visto in azione e che ha fatto tanti danni, reciso tante vite che ancora avevano molto da dare e, in molti casi, anche accentuato le diseguaglianze. La sua presenza ci ha costretti a una vita più intima e riflessiva. Molti hanno pensato che il mondo potrebbe avere la sua occasione per redimersi, come ci dice Arundhati Roy in Azadi, ma in tanti casi il morbo ha invece rivitalizzato i nazionalismi. Si legga in proposito “Mai Stati così Uniti” di Simona Siri sull’America di Trump. È evidente che se siamo su questa Terra per una qualche missione siamo così lontani dal realizzarla che non sappiamo nemmeno esattamente qual è. Nell’ipotesi che non sia distruggerla per ignoti motivi, il virus ci suggerisce che sarebbe bene quantomeno conservarla per i posteri, il che presuppone un forte coordinamento mondiale che ancora non si vede. Internet potrebbe essere un prezioso aiuto, ma l’anonimato purtroppo finisce per favorirne l’uso strumentale attraverso la diffusione di fake news il cui scopo principale è proprio quello di creare conflitto e caos, come spiega Christopher Wylie, che ha denunciato le tecniche di Cambridge Analytica in Il mercato del consenso.
Intanto, però, ognuno di noi può fare la differenza, con il proprio comportamento, mettendo a frutto quello che questa esperienza ci ha insegnato: il senso della misura. Nel lockdown siamo stati più attenti a cosa mangiavamo, questa estate molti di noi, invece delle feste e dei grossi assembramenti abbiamo incontrato gli amici un poco alla volta, abbiamo dovuto riformulare l’impiego del tempo libero e la lettura è entrata o rientrata di prepotenza nella vita di molti italiani. Leggere un libro è il modo più sicuro, comodo ed economico di viaggiare. Si racconta che Diderot avesse una moglie molto bigotta, e che per indurla a leggerezza, il marito si fosse inventato una cura speciale. Una ricetta fatta solo di libri, da somministrare un paio d’ore al giorno. Quattro capitoli del Don Chisciotte, un brano ben scelto di Rabelais, un’infusione in quantità ragionevole di Jacques il fatalista e di Manon Lescaut, “e se necessario, variare queste droghe come si variano le erbe, sostituendole con altre che abbiano più o meno le stesse caratteristiche”.
In molti Paesi, tra cui il nostro, i libri si vendono oggi meglio di prima, e posso assicurare che gli autori hanno impiegato molto bene il tempo che è stato loro restituito dal lockdown per scrivere storie formidabili. E sempre più spesso scavando nella Storia con la “esse” maiuscola, come ha fatto Ilaria Tuti in “Fiore di roccia” e fa Daniela Raimondi in “La casa sull’argine”, una saga famigliare nel solco dello straordinario successo di Stefania Auci (ormai sopra il mezzo milione di copie con I leoni di Sicilia). Nell’avventura si lancia Marco Buticchi, con una storia egizia “L’ombra di Iside“; notevole anche “Liberazione” di Imogen Kealey, un romanzo sulle imprese di Nancy Wake, eroina straordinaria della Seconda guerra mondiale. In momenti così particolari, in cui accade qualcosa di incredibilmente forte, abbiamo bisogno di un contatto con l’assoluto e la Storia ci è di conforto, relativizza il presente. Il libro non è un animale in via di estinzione, è un bene capace in ogni era di adattarsi come un camaleonte e veicolare il nuovo, oltre che riproporci ciò che da una feroce selezione è sopravvissuto con la dignità di un classico. Il tutto senza corrente elettrica o wi-fi. Cerchiamo libri con passione e convinzione, dobbiamo cestinarne molti per trovarne uno che ci sembri degno di noi.
L’esperienza maturata nel campo editoriale, mi porta a dire in maniera succinta qualcosa sugli editori. Gli editori vestono i libri con amore artigianale e questi trovano sempre dei lettori affezionati, ma a volte non abbastanza. Se volessero essere infallibili non farebbero gli editori. Se non osassero battere continuamente strade nuove e originali non sbaglierebbero mai, ma non troverebbero il nuovo. Sperimentare vuol dire sbagliare. Gli editori sono tutti più alchimisti che scienziati, e questo è il senso della lezione con la quale, alla luce delle esperienze vissute e con la loro caratteristica schiettezza, cercano di consigliarci L’arte di sbagliare alla grande. Sbagliare è vitale e necessario. L’importante è capirlo.
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