Valeria Moriconi, vocazione attrice. Un grande talento marchigiano

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Oltre a Virna Lisi, nata ad Ancona ma vissuta a Jesi fino a quando la famiglia non si traferì a Roma, c’è stata un’altra grande attrice marchigiana di origine jesina: Valeria Moriconi. L’attrice in realtà si chiamava Valeria Abbruzzetti ed era nata a Jesi il 15 novembre 1931 e, una volta sposata, aveva preferito utilizzare il cognome del marito, il pittore e scultore Aldo Moriconi, anche lui di Jesi, mantenendolo per sempre, anche dopo la separazione che avvenne nel 1963. Uomo eclettico, Aldo, maniaco dell’osare e dell’avventura. Morì tragicamente in un incidente nel Mali. Valeria, dopo la sua morte, confidò: «Era un pazzo, geniale, simpaticissimo, zingaro, ribelle, uomo di mare, capitano d’industria, pittore, viaggiatore, insaziabile di novità e di emozioni. Fino alla morte». Quel cognome, probabilmente, lo sentiva suo proprio per quelle qualità.

Per Valeria, recitare non è stato un caso, ma una scelta ben precisa, una genuina vocazione già da studentessa, partecipando in una compagnia amatoriale nella città marchigiana.
Poi, il grande salto, Roma e tutte le sue potenzialità. Nella capitale ha conosciuto personaggi di primo piano, da Alberto Lattuada a Eduardo De Filippo. La conoscenza di Eduardo aveva influito sulle sue scelte, spostando l’asse delle sue interpretazioni, dal cinema al teatro. Nel cinema aveva recitato in alcuni film, tra i quali “La spiaggia”, “Miseria e nobiltà”, “I giorni più belli”. Oltre che con Lattuada, aveva lavorato con Comencini e Bolognini. Dal 1957 in avanti Valeria si era dedicata soprattutto al palcoscenico, facendosi ben notare, tra altre interpretazioni, ne “La locandiera” di Goldoni, spettacolo allestito dal regista Franco Enriquez con il quale ha avuto una lunga collaborazione, fino alla morte di lui, nel 1980. Da lì, è stata una continua ascesa, pur continuando a interpretare alcuni ruoli per il grande schermo (ad esempio: “Un giorno da Leoni”, “Improvviso”, “Per amore di Cesarina”).

Indubbiamente, lo spessore di interprete lo ha riservato maggiormente al palcoscenico, riuscendo, con una certa abilità ed elasticità, a rivestire ruoli talvolta molto diversi tra loro, da quello severo al leggero, dal drammatico al comico. Sarebbe un lungo elenco didascalico nominare una ad una le parti e le opere interpretate. Una su tutte: Medea di Euripide, soprattutto quella messa in scena nella suggestiva cornice del teatro greco di Siracusa, costruito nel V secolo a.C., sulle pendici sud del colle Temenite, piccolo rilievo montuoso che dà nome al teatro stesso.

Valeria non aveva frequentato nessuna Accademia, ma aveva avuto la fortuna di avere un padre che in lei credeva molto, ne aveva capito le potenzialità, incoraggiandola. Non è poco. Il talento ha bisogno di stimoli. Dalla città natale, a tutti i principali teatri italiani, è stato un tutt’uno. Di lei ricordiamo la versatilità, la semplicità con la quale entrava nei personaggi che sono davvero tanti in un percorso professionale di ben cinquant’anni che sarebbero stati di più se non si fosse ammalata. Oltre al palcoscenico, verrà ricordata per aver dato voce, nel 2000, ai testi di Giovanni Paolo II nella via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. In quegli anni, intorno al 2000, forse era sopraggiunta un po’ di amarezza e delusione. In una intervista ad “Avvenire” aveva detto che i grandi temi appartenevano al passato, che mancava il coraggio del nuovo, che si preferiva riproporre cose già sperimentate.

Valeria Moriconi è deceduta in seguito al cancro a 73 anni, nel 2005, nella sua bella casa di Jesi. Il Comune jesino non l’ha dimenticata e le ha dedicato alcune iniziative, tra le quali, forse la più significativa, quella del decennale, nel giugno 2015, con un nutrito programma. Valeria è vissuta a suo modo, con un alto senso di indipendenza e dignità, con convinzione e impegno, esuberanza e instancabilità. Una vera forza della natura. Chi l’ha conosciuta da vicino, nel privato come nel lavoro, può testimoniarlo con facilità. Non le interessava il divismo e la mondanità. Fintanto ha potuto, non s’è fermata mai. Fintanto la malattia non l’ha sorpresa, non ha tralasciato una sola stagione. Il palcoscenico era il suo habitat naturale. La sua casa, la sua vita.

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