di ROSITA SPINOZZI –
Patrizia Isidori ci ha lasciato una triste mattina del 2 febbraio, nella sua amata casa di Monteprandone. Non userò mai la parola morte, parlando di lei. Perché Patrizia è sempre stata sinonimo di vita, energia, intelligenza, vivacità, bellezza. E questi aspetti non muoiono mai. Scrivo di lei soltanto oggi perché ho avuto bisogno di tempo per metabolizzare la sua scomparsa: con lei se ne va una parte importante della mia vita. E non sono soltanto parole. La nostra lunga amicizia e l’affetto che ci legava hanno radici profonde che lasciano un solco nell’anima e includono anime belle come sua sorella Elisabetta, la sua adorata nipote Giulia, il cognato Lucio e tanti amici in comune legati da un filo conduttore indissolubile come l’amore per la cultura. Quella con la C maiuscola, per intenderci. Perché Patrizia è stata una donna colta e intelligente: sono proverbiali le sue battaglie culturali, ma anche ambientali e animaliste, l’impegno devoluto nell’ambito del Cineforum Buster Keaton di cui era parte integrante, la presenza assidua e attiva nell’ambito di eventi di grande spessore culturale come le mostre internazionali nell’ambito della Galleria Marconi per le quali traduceva i testi in lingua inglese, il Festival Ferré, i Teatri Invisibili, i concerti, le prime teatrali, il cinema e tanti altri appuntamenti sparsi per il mondo.
Patrizia era cosmopolita, figlia di un mondo libero e ideale che tutti vorremmo. Ci ha lasciato a 68 anni, troppo presto, e mi consola sapere nel profondo del mio cuore che ha vissuto esattamente la vita che desiderava, libera da ogni schema e pregiudizio, lontana mille miglia dall’ovvio. E non è poco, perché per farlo ci vuole coraggio. E il coraggio a Patrizia non è mai mancato. Neanche durante la malattia. Lei è stata una vera forza della natura. Ne sono rimasta folgorata dal primo incontro che risale a più di quindici anni fa: la nostra affinità mentale ci portava a seguire spesso eventi tutt’altro che di massa dove tutti quanti finivano poi per socializzare e conoscersi. Patrizia era una presenza di spicco che non passava di certo inosservata: bellissima, occhiali rossi, al collo una collana con ciondoli a forma di peperoncino, immancabile caschetto con frangetta e, soprattutto, un eloquio diretto e sempre determinato, a volte anche garbatamente irriverente quando il caso lo richiedeva. Come non restarne affascinati? Mi sono presentata esprimendole la mia stima, e da allora ci siamo sempre volute bene. Patrizia mi aveva preso sotto la sua “ala protettiva” aprendomi le porte della sua casa, dei suoi affetti, del suo mondo culturale fatto di libri, vinili, poster, film e tanto altro ancora. Vegetariana per vocazione, atea per convinzione e single per volontà nonostante gli amori vissuti intensamente, Patrizia brillava di una luce particolare che la rendeva unica e amabile anche nei momenti in cui il suo carattere mostrava gli aspetti più intransigenti e severi nei confronti di una realtà che molti preferivano accettare a testa bassa. Ma lei no, Patrizia era una guerriera. E con lei lo sono diventata anch’io.
Oggi porto con me il ricordo di tante serate meravigliose trascorse insieme con gli amici nella sua mansarda bohémien dove era solita organizzare cene tematiche di cui conservo tante fotografie: mi aveva affidato il “compito” di fabbricare ricordi attraverso le immagini. Era un nostro tacito accordo che a me piaceva tanto, ed oggi tutte quelle immagini parlano infinitamente di lei: della nostra Patrizia che mi ha visto “crescere”, e che ha sempre supportato le mie scelte “rivoluzionarie”. Patrizia che, di bianco vestita, un pomeriggio d’estate si è fatta fotografare in redazione sotto il logo del Graffio, perché “graffiante” più di lei non c’era nessuna. Patrizia, sempre in movimento e sempre alle prese con nuovi ideali da difendere, ha dato a tutti noi un insegnamento importante: abbiamo una sola vita e non importa quanto è lunga se la viviamo come vogliamo noi.
L’ultimo saluto a Patrizia l’ho dato nella sua casa: aveva il volto sereno nonostante la stanchezza e la sofferenza fisica degli ultimi anni. I suoi occhi erano semiaperti e la cosa non mi ha stupito affatto perché – mi sono detta – neanche la morte ha osato spegnere il suo guizzo vitale. La mattina del 3 febbraio ha avuto luogo un saluto laico nello spazio antistante la Sala del Commiato del Cimitero di San Benedetto del Tronto. Erano in tanti a salutarla: le lacrime e i pensieri di tutti sono stati riuniti nelle toccanti parole di Gino Troli, suo stimatissimo e caro amico da un’intera vita. Dire addio a Patrizia è impossibile. Mi limito a dirle ciao, e pensare che è partita per un altro dei suoi viaggi. Solo che questa volta sarà il più lungo, e misterioso, del solito. Ma sono certa lo starà già affrontando con quel luminoso sorriso che tanto ci mancherà. Ciao Patrizia, ti vogliamo bene.
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