di AMERICO MARCONI –
C’è una breccia sul muro di mattoni della chiesa di San Nicolò ad Acquaviva Picena. Sotto una targa in bronzo ricorda: “qui S.E. il Generale Brigadiere SCIABOLONE detto il Brigante colpì con l’archibugio nel luglio 1799”. Guardando la grossa cavità non sembra causata da un colpo di fucile ad avancorpo bensì da un colpo di cannone. Quel buco ci stimola a narrare una storia nella Storia. Nel 1758 a Santa Maria a Corte, allora nel comune di Lisciano del Tronto, nacque Giuseppe Costantini. Nella facciata della sua casa una lapide lo ricorda. Fu contadino analfabeta, con la passione di costruire e sistemare fucili. Valente e instancabile cacciatore di montagna dalla mira infallibile. Con un fisico di media altezza, robusto, capelli fin sulle spalle, baffi lunghi e occhi di ghiaccio. Nonostante la sua indole taciturna, amava bere e fumare con gli amici. Si sposò nel 1779 con Cecilia Pompa e da lei ebbe tre figli maschi.
L’anno 1797 le truppe francesi, col generale Napoleone Bonaparte al comando, iniziarono l’occupazione dello Stato Pontificio. Da Rimini scesero a Fano, Ancona, Loreto, Macerata, Tolentino. A Tolentino fu firmata una pace, che costò al Papa oro e opere d’arte. Eppure l’anno dopo i Francesi dichiararono decaduta ogni autorità. Il 1799 Giuseppe Costantini, detto Sciabolone – per una sciabola che portava al fianco – riunisce intorno a sé oltre 300 volontari. Per resistere ai Francesi e dare man forte alle truppe di Ferdinando IV di Napoli e del Santo Padre. Il 23 gennaio entrano ad Ascoli, catturano vari giacobini (così erano chiamati i sostenitori dei francesi) e si recano in Duomo al grido di “Viva Maria!”. I Francesi accusano il colpo e il 5 febbraio firmano la pace di Mozzano. Ma il primo maggio gli insorgenti riprendono l’offensiva. Aiutati dal prete teramano don Donato De Donatis, giunto a capo di un altro gruppo di ribelli. Il 4 giugno esplode la battaglia ad Ascoli dove Sciabolone dimostra tutta la sua temerarietà. I Francesi reagiscono con rappresaglie e ruberie.
Sciabolone riorganizza i suoi uomini e ai primi di luglio del 1799 si sposta ad Acquaviva. Nelle sue mura stanno asserragliati circa 50 giacobini con a capo il conte Pacifico Boccabianca e suo fratello don Vincenzo. Il 6 luglio gli insorgenti attaccano. Dispongono di due pezzi di artiglieria e bombardano Porta Vecchia e Porta del Sole. Da quest’ultima parte il colpo di cannone che fora il muro della Chiesa di San Nicolò. Al ferimento di don Pacifico, gli assediati si arrendono proponendo una resa. Sciabolone accetta. Ma penetrati i suoi uomini nelle mura è impossibile controllarli. Inizia la caccia ai giacobini e ai loro beni con un saccheggio che dura un paio di giorni. Numerose case sono date alle fiamme. In tanti vengono rincorsi, scovati, uccisi. Alcuni si tolgono la vita per non cadere nelle mani di quelli che considerano briganti sanguinari.
Sciabolone in agosto riparte col generale De La Hoz, ufficiale francese passato dalla parte degli insorgenti, e stringono sotto assedio Ancona. De La Hoz rimane ucciso. Per una tradizione anconetana anche Sciabolone è colpito da una palla di fucile al ventre. E prima di morire si accende e fuma un sigaro. Secondo suo nipote Michele si arruolò nell’esercito napoletano col grado di Colonnello. Morendo nel 1808 a Capua al comando delle sue truppe. Forse avvelenato per invidia. Al di là delle incertezze storiche, il valore e il coraggio di un uomo non muoiono mai. Per questo continueremo a raccontare le gesta del brigante comandante Sciabolone.
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