di AMERICO MARCONI –
Era quasi notte e tornavo dal mio quotidiano giro in collina. Attraversavo in macchina una specie di galleria, formata da annosi alberi di querce. Su foglie e ghiande che in autunno iniziano a cadere. Quando un tasso mi attraversò la strada. Lo riconobbi subito, dalla forma e dal lungo muso bianco solcato da due strisce nere. Riuscii a frenare in tempo non investendolo, grazie alla bassa velocità. La memoria mi riportò a due mesi indietro. E ad un tasso meno fortunato che trovai morto in mezzo all’asfalto, salendo verso Montesecco. Evidentemente travolto e ucciso da un’auto.
Il tasso (meles meles) è diffuso in tutta Europa. Nelle Marche vive dai 200 metri delle colline, ai 1500 metri degli Appennini. È un mustelide lungo fino a ottanta centimetri e pesa dai sette ai quindici chili. Con il suo tronco robusto, le zampe corte munite di forti unghie, richiama un piccolo orso. Il pelo è composto da lunghe setole su una morbida pelliccia, meno folta in estate, di colore grigio argenteo. Animale notturno che trascorre le ore di luce nascosto in tane, dove vive in gruppi. Tane a più camere e ingressi che tappezza con perizia di muschio e foglie secche nella stagione fredda. D’inverno il tasso esce molto poco, andando quasi in letargo. A inizio primavera nascono da 2 a 4 cuccioli che restano due mesi nella tana e due anni con il gruppo natale. Vive in zone boscose e si nutre di lombrichi, insetti, topi. Ma è ghiotto di granturco, frutti selvatici e soprattutto ghiande. Un particolare lo contraddistingue. Il suo apparato digerente non danneggia i semi. E attraverso le feci li disperde nel suo ambiente, favorendo la diffusione di varie specie di piante.
Il pelo di tasso tradizionalmente è un ricercato portafortuna. Perché si credeva che il tasso, da animale notturno, fosse un acerrimo nemico delle streghe e delle creature malefiche. Oltre a portare in sé l’invincibile forza della terra. Ciuffi di pelo di tasso erano appesi sulle corna di vacche e tori da lavoro, per proteggerli dall’invidia (la mmidia in dialetto). E si legavano, per lo stesso scopo, sulle criniere dei cavalli e degli asini. Qualche setola andava nel portafoglio. Uno, due peli finivano cuciti nel breve, insieme a un santino, al sale, alla foglia di olivo, al chicco di grano e al lievito. Lu breve era il sacchetto amuleto, spesso di colore rosso, che si portava appeso al collo. Contro invidia e malocchio. Ma c’era una condizione da rispettare: il pelo di tasso doveva essere trovato e non comprato.
Tornando all’estate e al corpo senza vita del povero tasso. Giaceva riverso su un fianco. Era un esemplare adulto, bello pasciuto, nel suo territorio di raccolta. Il pelo poco ordinato testimoniava che stava in muta. Dalla strada, con difficoltà, l’ho trascinato in una fossa nella campagna incolta. Gli ho chiesto scusa, prima di tagliare un ciuffetto delle sue setole. A casa le ho legate con un nastrino rosso. Mi ricorderanno il sacrificio, gli amori e la vita libera della bella bestiola. Oltre a nutrire la mia atavica certezza che porteranno fortuna.
Copyright©2021 Il Graffio, riproduzione riservata