di REDAZIONE –
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «La nuova ondata pandemica trova ancora impreparata la sanità dell’Area Vasta 5: mentre attendiamo la riorganizzazione della sanità territoriale, le Case della salute versano in uno stato di totale incertezza operativa, così come i medici di medicina generale e le altre figure professionali, relativamente al rilievo della prevenzione ma soprattutto alla gestione dei pazienti in trattamento salvavita, come ad esempio i dializzati», con queste parole il Comitato “Salviamo il Madonna del Soccorso” pone l’accento sulle criticità dell’Ospedale di San Benedetto. «Appare emblematico quanto sta accadendo in questi giorni: una paziente Covid positiva in cura al Madonna del Soccorso è stata inviata ad Ascoli per fare la dialisi (essendoci al Mazzoni posti letto per Covid dedicati e all’uopo finanziati) e la dialisi di Ascoli ha chiesto che l’infermiere operativo a San Benedetto segua la paziente, giustificando tale richiesta perché la stessa è in cura presso il centro dialisi del Madonna del Soccorso. – affermano Nicola Baiocchi e Rosaria Falco – Ci risulta che relativamente al servizio di Dialisi, al Mazzoni abbiano una dotazione di personale in numero nettamente superiore a quella del nostro ospedale ove invece i dipendenti devono addirittura smaltire ancora le ferie del 2020, e ciò nonostante vengono mandati ad operare ad Ascoli. Ci risulta anche che il personale della Dialisi del Mazzoni abbia ferie arretrate solo per il 2021».
«Infatti quando la direzione di Area Vasta 5 bloccò le ferie per l’emergenza Covid, gli unici a essere completamente sacrificati furono gli operatori della Dialisi di San Benedetto mentre quelli di Ascoli sembra abbiano continuato a godere le ferie in tutta tranquillità, nell’accondiscendenza silenziosa della direzione sanitaria. – continua il Comitato – Se ciò non fosse vero, aspettiamo una smentita ufficiale. Domenica scorsa un infermiere si è recato ad Ascoli nel pomeriggio per trattare la paziente di San Benedetto, senza neanche la certezza di essere remunerato, ma con l’ordine di servizio della direzione sanitaria. A San Benedetto su 365 giorni, tolte 52 domeniche, nel 2021 hanno lavorato (e continuano a farlo) per quasi tutti i giorni dell’anno, fuori dagli orari contrattuali a causa dello scarso numero di personale addetto all’assistenza specifica dialitica».
«Occorre dire che la dialisi è un trattamento molto delicato, che prevede la circolazione di extra corporea di sangue. Sembra che, nonostante le norme di sicurezza previste, si trascura ogni pur minima tutela lavorativa. – aggiungono Baiocchi e Falco – Nelle precedenti ondate tale problema non si era creato, in quanto San Benedetto, come ospedale Covid, aveva tre posti letto dedicati nella Geriatria Covid. Ricordiamo che quando fu trattato lì un paziente di Ascoli, nessuno ebbe l’idea balzana di chiamare per tale motivo personale dal Mazzoni. Sicuramente, come sempre, ci accuseranno di essere campanilisti ma, arrivati al punto di non ritorno, ci scuserete se porremo l’accento su ciascuna iniquità e incongruenza: nella dialisi di Ascoli ci risultano meno pazienti, ma tre infermieri in più rispetto a quella di San Benedetto, che tratta più pazienti. Quindi se il Mazzoni è legittimato a chiedere sei infermieri, allora a San Benedetto ne dovremmo chiedere almeno nove».
«La base dell’equità di trattamento tra le due unità operative in Area Vasta è completamente saltata, da molto molto tempo, grazie soprattutto alla compiacenza dei precedenti politici, silenziosi e obbedienti agli ordini di chi vuole distruggere il Madonna del Soccorso. – concludono gli esponenti del Comitato “Salviamo il Madonna del Soccorso”- Non vorremmo che tutta la struttura di unità operativa complessa di Nefrologia e Dialisi avesse smarrito il rispetto verso le minime normative di base che regolano una direzione su due plessi, ma è giunta l’ora di riorganizzare il servizio prevedendo l’autonomia operativa con due direttori distinti, come abbiamo più volte chiesto anche per la Pediatria. Tale era la situazione quando le cose andavano egregiamente e sempre se il fine della sanità pubblica resta la tutela degli utenti».
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