di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
“Sono abituata a vivere con poco, non guido la macchina, non amo i gioielli, porto un paio di scarpe sinché non cade a pezzi, mi vesto così come viene.” Una frase così, detta da un’attrice simbolo, molto amata e apprezzata, applaudita e nel cuore di tutti nonostante che non comparisse in pubblico da almeno vent’anni, a causa della sua malattia, sorprende, ma forse non più di tanto a ben riflettere. Forse è proprio l’espressione che ci aspettiamo da parte di chi, strada facendo, aveva imparato a dare valore alle cose che contano davvero, ai sentimenti, all’arte, alle emozioni. Paliamo di Monica Vitti, attrice, ma non solo. Era appassionata di letteratura con un grande amore per i classici, in particolare Thomas Mann. Dai ruoli drammatici, a quelli comici e brillanti, aveva interpretato di tutto, sempre ai massimi livelli professionali, con credibilità, immedesimandosi nei personaggi con una carica passionale che ha fatto scuola, passando con facilità dalla persona semplice alla borghese, da quella allegra alla tormentata, dalla leggera all’impegnata.
Qualcuno ha detto che è come se avesse interpretato – e rappresentato – tutte le donne, in ogni loro modo di essere. Persona acuta, Monica Vitti, estremamente ironica, creativa, artisticamente curiosa, pronta a mettersi in gioco senza tirarsi indietro. Complice il timbro vocale – una voce roca, inusuale e caratteristica – abbinato a indubbie capacità mimiche, l’attrice aveva collaborato, nell’arco di quasi quarant’anni di carriera, con oltre cinquanta film e molti premi, con maestri di livello internazionale, quando il cinema italiano era di riferimento nel mondo. Da Antonioni a Mario Monicelli, recitando con artisti giganteschi come Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni, la Vitti ha attraversato gli ultimi decenni del secolo scorso con carisma crescente e non solo nel cinema.
Bellissime le foto che la ritraggono in bianco e nero. Irriverenti, oltre che divertenti, le sue gags televisive. Folgoranti i suoi libri: Sette sottane del 1993 (molti episodi autobiografici raccontati con brio), e Il letto è una rosa del 1995 (ancora episodi personali ma all’interno di una narrazione che tende al giallo). Quello della scrittrice è forse il volto meno noto al grande pubblico, ma la scrittura era qualcosa di fondamentale per lei, di catartico. Sua la frase “La fantasia mi carica di emozioni, di desideri, di speranze. Tutte le donne dovrebbero scrivere per liberarsi dei fardelli che durante il tragitto non riescono a perdere.” E ancora sulle donne: “Le donne mi hanno sempre sorpresa: sono forti, hanno la speranza nel cuore e nell’avvenire.” Facile dedurre che le stava a cuore la condizione femminile, così come è facile vedere, da ciò che ha fatto e “da come” lo ha fatto, una Vitti introspettiva, colta, intelligente, dalle visioni esistenzialiste ricche di sfumature.
Alcune sue frasi sono rivelatrici, oltre che belle, poetiche ed evocative:
“Con il mare ho un rapporto travolgente, quando lo vedo muoversi, impazzire, calmarsi, cambiare colore, rotta, è il mio amante.”
“La poesia è una grazia, una possibilità di staccarsi per un po’ dalla terra e sognare, volare, usare le parole come speranze, come occhi nuovi per reinventare quello che vedo.”
“Mi sono sempre profondamente emozionata di fronte a un quadro, come un racconto, come una confessione, come un innamoramento. I colori, le linee, mi fanno battere il cuore e mi allontanano dalla quotidianità.”
Una curiosità: il suo era un nome d’arte. Il nome vero era Maria Luisa Ceciarelli. Quando fu invitata a cambiarlo per averne uno più adatto all’ambiente cinematografico ci ragionò su. Pensò a sua madre che si chiamava Vittiglia e scelse Vitti come cognome. Per il nome preferì Monica che, semplicemente, le suonava bene, le piaceva e se lo sentiva suo. Si era talmente immedesimata nel nuovo nome che i suoi stessi genitori, nel privato, presero a chiamarla Monica. A Oriana Fallaci, nel corso di una intervista, le rivelò che si sentiva talmente distante dal nome anagrafico che quando doveva firmare un documento – e quindi apporre il nome originario – le sembrava di mettere la firma di un’altra donna.
La salutiamo, ricordandola con altre sue frasi: “Sono una che crede nel sorriso: per me ridere è una necessità salutare.” “La vita è un dono, non si può buttarla via, la si deve proteggere.” Ciao Monica, ci manchi come attrice, ci mancherai anche come donna e libera pensatrice.
Copyright©2022 Il Graffio, riproduzione riservata