Il tenore Evan Gorga e la sua passione per gli anelloni a nodi piceni

Una scena de "La Bohème" di Giacomo Puccini con al centro Evan Gorga

di AMERICO MARCONI –

Evan Gorga nasce il 6 febbraio del 1865 a Brocco, oggi Broccostella in provincia di Frosinone, con il nome di Gennaro Evangelista. Da giovane fu abile pianista e rivelò buone qualità come tenore. Ebbe fortunati ingaggi. Fino a raggiungere il massimo della notorietà interpretando Rodolfo nella Bohème di Giacomo Puccini. Alla prima rappresentazione dell’1 febbraio 1896, diretta da Arturo Toscanini al Teatro Regio di Torino. Nonostante i ripetuti successi nel 1890 Evan decide di abbandonare la lirica per dedicarsi alla sua passione di collezionista. Incoraggiato e finanziato dalla facoltosa moglie Loreta D’Aburito. La sua fu una passione divorante che dopo mezzo secolo di acquisti compulsivi lo ridussero al lastrico.

Evan Gorga raccoglieva dagli antiquari romani ogni sorta di oggetto: strumenti musicali d’epoca, vetri, marmi, ceramiche, bronzi senza distinzione storica o geografica. Ne accumulò 150.000 pezzi, suddivisi in trenta collezioni tematiche. Di cui riempì dieci appartamenti che aveva affittato in via Cola di Rienzo a Roma. Sognando di poter realizzare un “Museo di tutti i tempi”. Nel 1950 raggiunse finalmente un accordo con lo Stato Italiano che pagò i suoi debiti e versò un vitalizio, permettendogli di vivere gli ultimi anni non rincorso dai debitori. Morì a Roma nel 1957 apprezzato e ammirato per aver salvato, e restituito alla Stato, tanti pezzi d’arte e antiquariato. I suoi oggetti hanno avuto diverse collocazioni, non solo nella capitale ma in Italia e all’estero.

C’interessa sottolineare nella Collezione Gorga la presenza di ben 13 anelloni a nodi piceni (7 a sei nodi e 6 a quattro nodi) collocati al Museo delle Antichità Etrusche e Italiche dell’Università la Sapienza di Roma. L’archeologa Elisa Biancifiori li descrive nel suo lavoro Gli anelloni a nodi nell’ambito del libro I bronzi della collezione Gorga del 2012. Evan ne aveva acquistati 17, subendo anche lui il fascino di questo manufatto della Civiltà Picena. È una fusione in bronzo pieno di forma anulare, con elementi sulla circonferenza chiamati nodi; con diametro variabile tra gli 11 e i 20 cm, dal peso tra i 150 gr e i 2 kg. Realizzato intorno al VI secolo a.C. nelle botteghe metallurgiche di Cupra Marittima, Grottammare e Ripatransone. Trovato quasi sempre nelle sepolture femminili in un territorio compreso tra il fiume Tenna a nord e il fiume Tronto a sud.

Tante sono le ipotesi sulla valenza funzionale e simbolica dell’anellone a nodi. È evidente che fu legato al corredo funerario, probabile indice di aggregazione etnica. Di volta in volta si è pensato a un crotalo, strumento musicale a percussione. A un attrezzo ginnico, a una corona per atleti vittoriosi. A un simbolo solare, indossato da matrone in particolari ricorrenze. A un simbolo lunare usato per iniziazioni alla Dea Cupra. Come suggerisce la Biancifiori il carattere muliebre di tali oggetti e la quasi esclusiva deposizione nella zona addominale pelvica, lascia ipotizzare suggestivamente un nesso con la fertilità, la riproduzione e la maternità.

Voglio immaginare il vecchio Evan, negli ultimi giorni della sua lunga esistenza, mentre li soppesa. Rivedendoli appoggiati, per due millenni e mezzo, nel bacino di donne più o meno giovani, più o meno ricche. E ripassa, una dopo l’altra, le varie congetture. Per ultima intuisce quella che tutte le riassume. L’anellone a nodi piceno è simbolo della Vita e delle sue fasi, contenute e protette nella forma del cerchio. Aprendosi, nel vuoto centrale, a un’altra dimensione: pervasa da una duratura  e definitiva pace gioiosa.

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La Collezione Gorga