Anna Kuliscioff, la ginecologa dei poveri che si è battuta per il progresso delle donne

Anna Kuliscioff fotografata da Mario Nunes Vais nel 1908 a Firenze (foto da Wikipedia)

di AMERICO MARCONI –

Anna Rozenstein nacque intorno al 1855 in Crimea da una agiata famiglia ebraica convertita al cristianesimo ortodosso. A 18 anni andò a Zurigo in Svizzera, per seguire studi di filosofia. Dove conobbe un nobile esule populista, Pjotr Markelovic Makarevic, che ha sposato. Con lui tornò in Russia grazie a un editto di clemenza dello zar Alessandro II. Ma il marito recidivo fu mandato in Siberia. E lei nel 1877 di nuovo fuggì in Svizzera col nome di Anna Kuliscioff. Nel suo paese di origine Kuliscioff è un cognome di povere persone.

In Svizzera incontra altri rivoluzionari, tra cui Andrea Costa, romagnolo appassionato del quale si innamora. Vanno insieme a Parigi, dove però vengono arrestati e processati. A difendere Anna c’è un avvocato speciale, lo scrittore Ivan Turgenev. Espulsi dalla Francia, si trasferiscono a Firenze, dove vengono accusati di cospirazione e finiscono in prigione. Anna ci rimane un anno e si ammala di tubercolosi. Nel 1881, l’anno prima che Andrea venga eletto deputato, Anna partorisce Andreina. Purtroppo il loro grande amore è alla fine. Andrea è geloso, possessivo e maschilista. «Tu cerchi in me la femmina, non la donna» gli scrive Anna. E si lasciano.

Anna Kuliscioff decide di laurearsi in Medicina per aiutare le donne: vuole diventare ginecologa. Per questo torna a Berna, poi va a Pavia. A Napoli concluderà il suo percorso accademico, laureandosi con una tesi sull’origine batterica della febbre puerperale. Una scoperta che salverà molte vite. A Napoli conosce Filippo Turati, un giovane barbuto che ha tre anni meno di lei. Figlio di un prefetto, esponente della democrazia radicale, laureato in legge. Il loro è un incontro definitivo: resteranno insieme tutta la vita. E Anna alimenterà con cura quel fuoco che manterrà viva la loro unione. Si trasferisce con Filippo in un appartamento vicino al Duomo che diverrà un vivace salotto culturale politico. Nel frattempo Anna Kuliscioff diventa la “dottora” dei quartieri poveri di Milano.

La domenica di fine aprile del 1890 fuori del Circolo Filologico Milanese, al numero 12 di via Silvio Pellico, c’è un gran fermento: stasera parlerà la giovane russa Anna Kuliscioff con una conferenza dal titolo: Il monopolio dell’uomo. E a sentirla ci sarà il fior fiore della Milano progressista, quelli che frequentano il suo salotto: politici, rivoluzionari, attiviste della questione femminile, scrittori, editori. Quella sera di aprile esprime un pensiero di rivoluzionaria modernità. Agli uomini dice: «Un marito può sfruttare come e peggio di un datore di lavoro: il lavoro domestico dovrebbe essere retribuito. Gli uomini abbienti sposano la dote; quelli poveri prendono moglie per avere una serva». Alle donne:« Le donne devono istruirsi, devono poter votare come gli uomini, lavorare in tutti i campi e percepire un salario uguale agli uomini». Un’ora e mezza di conferenza che equivale a un vero e proprio terremoto.

Negli anni seguenti Anna, oltre a fare la ginecologa, scrive sulla rivista Critica sociale. Ispira le scelte politiche di Filippo Turati. Ed è nel 1892 tra i fondatori di quel Partito dei Lavoratori Italiani che nel 1895 si chiamerà Partito Socialista. Nel 1912 fonda la sua rivista In difesa delle lavoratrici. Non realizzerà il suo sogno di vedere le donne al voto. Ma la Storia le darà ragione sui temi del progresso femminile. Per i quali indomita si batte fino al 29 dicembre 1925, ultimo giorno di vita.

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Anna Kuliscioff (prima donna a sinistra) al X congresso Psi nel 1908