di AMERICO MARCONI –
Infiniti sono gli orrori della guerra in corso. Alle sofferenze, distruzioni, massacri di militari e soprattutto civili, dobbiamo aggiungere le morti di un grande numero di delfini. Le 20 navi da guerra russe a settentrione del Mar Nero con i loro sonar alla ricerca di sommergibili, oltre alle deflagrazioni di proiettili e missili, producono danni irreversibili al delicato meccanismo di orientamento dei delfini. I cetacei fuggono verso sud spiaggiandosi mortalmente sulle coste turche e bulgare. Ne hanno contati più di 100.
Il delfino è un mammifero intelligente, giocoso, benevolo ritenuto creatura semidivina. Sacro ad Apollo e legato al nome Delfi. Una volta fu lo stesso Apollo a trasformarsi in delfino e guidare una nave di pellegrini fino al suo santuario oracolare a Delfi. Ma è il mito di Arione, narrato da Plutarco, che consacra l’animale amico e soccorritore degli uomini. Arione era un famoso poeta che, dopo aver vinto una gara di poesia e canto in Sicilia, tornava verso Corinto su una nave di mercanti. I marinai lo derubarono dei ricchi doni avuti per premio. Per sfuggire a una morte certa Arione si tuffò in mare. Sarebbe affogato se un delfino non lo avesse trasportato sul dorso fino a Corinto. Arione si salvò ma il povero delfino, giunto a riva, morì per il grande sforzo. Gli fu innalzato un monumento. E Apollo decise di portarlo in cielo e trasformarlo in costellazione.
Anche mio padre Francesco raccontava storie in cui i delfini soccorrevano naufraghi tra le onde facendoli montare sul dorso. «Ma attenzione» aggiungeva «non bisogna avere paura di loro e non aggrapparsi. I delfini per convincerti daranno colpi con la coda che, senza volerlo, possono ucciderti». Senza dubbio queste sue storie contengono le tracce del mito di Arione. Un ultimo ricordo. La lancetta della famiglia di mio padre si chiamava Nautilius e sulla sua vela quadrangolare portava dipinta una provocante sirena che sorreggeva sul braccio destro un delfino. Ma per i pescatori i delfini erano anche dannosi, perché bucando con i denti le reti si mangiavano tutto. Lasciando i marittimi senza pescato.
Ripensando ai caduti di tutte le guerre e ai delfini che muoiono arenati sorge una raccomandazione. Mettiamo fine, con tutti i mezzi pacifici che abbiamo, a questo conflitto e ai suoi infiniti orrori. Con la convinzione che tanto più durerà lo scontro armato quanti più morti e sofferenze conteremo. E tra queste vittime ci saranno innumerevoli altri esseri della terra, del cielo e del mare. Tutti caduti per l’implacabile sete di potere di alcuni uomini. Bertrand Russell, filosofo e premio Nobel, scriveva: «È una necessità vitale della nostra civiltà scoprire il sistema per giungere all’abolizione della guerra».
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