Andare fino a Timbuktu non è soltanto un modo di dire. C’è molto di più…

di RAFFAELLA CIUFO –

È un modo di dire spesso usato per indicare un posto lontanissimo, difficile da raggiungere e al contempo forse per molti nemmeno esistente. In realtà, Timbuktu non è un nome di fantasia. Esiste davvero ed è una città africana al nord del Mali, risalente a tempi antichissimi e persino entrata nel 1988 nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, grazie alle sue straordinarie caratteristiche architettoniche realizzate con fango e sopravvissute nei secoli. L’odierna Timbuktu, tutt’oggi abitata, conserva poco della maestosa città dell’antico impero del Mali, quando fra il 1300 e il 1500 divenne – anche grazie al suo porto fluviale sul Niger – un importante polo commerciale e culturale nel mondo arabo, nonché un’importante tappa delle vie carovaniere, che attraversavano il deserto del Sahara trasportando oro, libri, sale e schiavi. Questa città, fondata dai Tuaregh, sembra infatti fosse ricchissima d’oro, tanto da essere considerata una sorta di Eldorado del tempo.

I libri, il sapere era considerato un’altra inestimabile ricchezza di quei tempi antichi, una fucina del pensiero islamico, che attirava eruditi anche da terre lontane come la Persia, disposti a viaggiare per mesi nel deserto pur di raggiungere questo crogiuolo di sapere e scambio di idee. Ce ne dà una chiara testimonianza Leone l’Africano, esploratore e geografo berbero, che raggiunse Timbuktu in missione diplomatica per incarico del sultano Muhammad al-Burtuqali del Marocco. Leone scrisse del fermento culturale, che trovò a Timbuktu: «Qui c’è un gran stuolo di dottori, giudici, preti e altri uomini di cultura, che sono mantenuti riccamente dalla generosità del re. Qui vengono portati diversi manoscritti e libri scritti da fuori della barbaria, che sono venduti qui ad un prezzo più alto di qualsiasi altro bene“. Forse pagati anche con barre di sale, considerato l’oro bianco e che in effetti venivano scambiate con lingotti d’oro.

Per le sue favolose ricchezze e per la sua inaccessibilità, Timbuktu divenne fino alle esplorazioni europee del 1800 un luogo più mitico che reale. E anche oggi Timbuktu rimane un luogo non facile da raggiungere, richiedendo un viaggio impegnativo quanto avventuroso da realizzare. Dell’antico leggendario splendore della città oggi è rimasto ben poco, tre storiche moschee e numerose biblioteche, che conservano antichi manoscritti, circa settecentomila, d’inestimabile valore.  Poi c’è l’atmosfera magica di questa città con le strade polverose di sabbia. Una città rimasta misteriosa, immersa nel silenzio ovattato del deserto, come misterioso è il fascino dei suoi abitanti, il popolo guerriero del deserto, i Tuaregh, gli “uomini blu”, che del deserto dicono: «Il deserto è vasto come il cielo, se vuoi essere libero come un uccello, allora vivi nel deserto, dove non ci sono frontiere e non c’è controllo».

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