Frasi che sorprendono se lette in una diversa prospettiva

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Ci sono frasi che, se lette da altra prospettiva, uscendo dall’escatologia, si rivelano sorprendenti. Accade anche nella lettura del Vangelo, togliendo i filtri di antichi indottrinamenti e retaggi culturali, mantenendo la curiosità che si nutre di riflessi filosofici e dinamiche psicologiche. Una di queste frasi è nel Vangelo di Luca 24,13-35: “Lo riconobbero nello spezzare il pane”. Una frase così può passare del tutto inosservata, oppure, guardandola nella sua semantica, è rivelatrice, pur decontestualizzata. Così come può accadere leggendo qualsiasi testo che abbia contenuti, anche impliciti.  Il concetto che vi è dietro è simile – pur con risvolti del tutto diversi – in un romanzo di cui ci siamo occupati poche settimane fa, “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”.

Nel libro, Robert Pirsig affermava che ciò che uno “è” lo vedi da come affronta il semplice gesto di svitare una vite. Sì, perché le cose non vanno sempre come crediamo debbano andare. Semplificando, non è detto che la vite si sviti. Potrebbe essere arrugginita e incrostata, o chissà cosa ad ostacolarne il movimento. Il nostro modo di reagire rivela la nostra natura, con tutti gli schemi mentali che ci portiamo appresso. Ci si può innervosire e accanirci con il cacciavite, finendo con il rovinare la testa della vite, o si può rinunciare con stizza e malcelata frustrazione. Oppure ci si siede e si “osserva”. Si fa piazza pulita nella propria testa, si fa – non sembri assurdo – meditazione. La vite diventa il mondo nel quale entrare, cercando di capirlo. E lo capiamo, se ci stacchiamo da ideologismi e giudizi preconfezionati. E infine, il più delle volte, troviamo le soluzioni. Tutto è nell’atteggiamento assunto, che richiede attenzione e non presunzione, adattabilità e non arroccamento, elasticità mentale e non arroganza.

“Lo riconobbero nello spezzare il pane”: lo riconobbero dal “gesto”, dal modo di fare e, quindi, dal modo di essere. In ultima analisi, lo riconobbero per ciò che è. Il “ciò che è” si rivela nelle sfumature del gesto, pur semplice. Quella frase fa semanticamente pendant con un’altra assai poco compresa, se non del tutto travisata, a mio avviso. Un’espressione che tutti abbiamo sentito mille volte, come un mantra e che, proprio per questo, perde valore e intensità, restando nell’ambito di una lettura catechistica e non laicamente realistica. La frase è: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. L’espressione va ben oltre l’apparenza e, soprattutto, va presa nella sua interezza. Quel “…come te stesso” fa la differenza, e ne fa tanta, rivelando, come nel gesto dello spezzare il pane, la natura di ciò che siamo. La modernità di certe espressioni evangeliche è nella precisione dell’insieme. La frase non è frazionabile e va vista come un’equazione matematica. Non si può togliere la seconda parte, come talvolta accade di ascoltare, perché ne risulta stravolto il significato.

Implicitamente, il messaggio invita a lavorare su di sé (come te stesso). Il bagaglio interiore si riflette sempre nella comunicazione più autentica, quella non verbale, che a quella verbale siamo tutti allenati. Le sfumature esistenziali, fatte di aspettative, delusioni e soddisfazioni, armonie e disarmonie, si riflettono nel gesto, nel grado di attenzione, nella capacità o meno di saperci mettere nei panni altrui. Se siamo emotivamente condizionati da rabbia o rancore, o personali frustrazioni, anche se celati rifletteremo questo stato nel rapporto con gli altri. Per quanto si possa essere abili nel dissimulare, ci sarà sempre qualcosa che rivelerà la tensione, un disagio, o i propri secondi fini, impoverendo o mistificando qualsiasi relazione che non sarà mai piena. Per amare, nella sua accezione più ampia (atteggiamento che sa accogliere, ascoltare e dare senza condizioni di contropartita), occorre stare bene in se stessi, in uno stato di “centratura”, di serenità e onestà intellettuale. E questo non è – come tutti ben sappiamo – cosa facile. È il vero obiettivo di una vita intera che, se raggiunto, ci libera dalla necessità del ruolo, buttando in cantina filtri e schermature. E sarebbe un gran bel mondo.

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