di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Tracciare il profilo di un gigante come Vittorio Gassman, genovese di nascita, nello spazio di un articolo, è un’impresa degna dei suoi personaggi. Uno su tutti: il Cavalier Brancaleone da Norcia, protagonista nei film “L’armata Brancaleone” del 1966 e “Brancaleone alle Crociate” del 1970 (entrambi diretti da quel maestro che tanto l’ha apprezzato, Mario Monicelli). Impresa difficile perché parlare di lui che è stato – e ai massimi livelli possibili – attore, regista, sceneggiatore, scrittore, doppiatore, conduttore televisivo, appassionato quasi in modo maniacale in campo teatrale come in quello cinematografico, si rischia di essere cronologici e didascalici. Troviamo più giusto omaggiare la sua memoria a cento anni dalla nascita raccontando qualche aneddoto e curiosità, a partire da quel cognome imponente che lui fece accorciare, da Gassmann a Gassman, con una sola “n” finale. Già la sua famiglia di origine lasciava presagire un destino tutt’altro che ovvio. Il padre era un ingegnere civile tedesco mentre la mamma una pisana di origine ebraica. E l’intera famiglia viaggiò per l’Italia seguendo i progetti dell’ingegnere, fino alla stabilità romana. La seconda curiosità – degna del gossip ma è inevitabile – è che i suoi quattro figli hanno quattro madri diverse.
Sulla sua lapide, nel monumentale cimitero di Verano, si può leggere (e fu lui a darne disposizione): “Non fu mai impallato”, frase che gli piaceva molto e che ha un suo significato perché, in un certo senso, rivela anche la sua personalità. Nel tipico gergo cinematografico e televisivo, “essere impallati” sta per essere parzialmente coperti da altri, non essere ripreso pienamente. Lui, il Vittorio che amiamo, impallato non lo è stato mai, né dalla macchina da presa, né nella vita. E questo lo si vede bene da quel suo modo di essere presente nella scena: poliedrico, carismatico, imponente, magnetico. Ed ovviamente capace di interpretazioni esenti da difetto, anzi in grado di conferire uno spessore senza eguali, sia nelle recitazioni stile commedia all’italiana che nei ruoli drammatici. Su questa dote, che sembra innata ma che fu frutto anche di metodo e disciplina severa, riportiamo un suo aforisma: “L’attore è come una scatola vuota e più vuota è meglio è; interpreta un personaggio e la scatola si riempie, poi il lavoro finisce e la scatola si svuota”. Come a dire che la forza interpretativa sta nello spogliarsi di sé.
La sua personalità era talmente forte da essere capace di metterla da parte per fare spazio “totale” al ruolo. Carisma, nel lavoro attoriale, deve significare non inquinare il personaggio con il proprio mondo. Gassman è stato scrittore. Qualche titolo per chi volesse approfondire: “Luca dei numeri”, romanzo del 1965, “Un grande avvenire dietro le spalle” e “Memorie del sottoscala” entrambi autobiografici, ed altri titoli: “Ulisse e la balena bianca”, “Mal di parola” e “Lettere d’amore sulla bellezza”. Sul trascorso giovanile, una curiosità degna di nota, e che forse pochi sanno, è che ebbe una passione sportiva negli anni ’40. In quel periodo si distinse come giocatore di pallacanestro, giocando anche nella nazionale universitaria. E con un certo successo. Volendo concludere, è comunque doveroso ricordare, pur da tutti conosciuti, alcuni titoli dei suoi successi. Con la direzione di Mario Monicelli, oltre ai due già citati di Brancaleone, ci sono “I soliti ignoti” del 1958 e “La grande guerra” del 1959. Con la direzione di Dino Risi: “Il sorpasso” del 1962, “I mostri” del 1963, “In nome del popolo italiano” del 1971, “Profumo di donna” del 1974. Con Ettore Scola: “C’eravamo tanto amati” del 1974, “La terrazza” del 1980, “La famiglia” del 1987.
Con lui, nelle pellicole, altri giganti della storia del cinema. In ordine casuale: Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale, Totò, Jean Louis Trintignant, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Amedeo Nazzari, Stefania Sandrelli. Sono alcuni nomi tra i tanti, in un periodo che il cinema italiano viveva il suo periodo probabilmente più importante, con una capacità sinergica e professionale uniche. Un periodo fertile, pieno di vocazione, inventiva, maestria. Una fase della storia del cinema che ha fatto scuola e l’ha fatta grazie allo spessore, all’amore che personaggi come Vittorio Gassman hanno saputo trasmettere, lasciando un’impronta potente e indelebile.
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