La condizione della donna nella storia

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Nei giorni scorsi, esattamente il 25 novembre, c’è stata la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro la donna” per richiamare l’attenzione di tutti su una problematica che, pur in termini e numeri diversi, riguarda trasversalmente ogni continente e ogni cultura, anche laddove i diritti sono acquisiti con una sostanziale parità di genere, almeno sul piano giuridico. Evidentemente restano deprecabili retaggi culturali e preoccupanti fragilità umane che nei fatti fanno sì che ci siano ancora notevoli differenze. Questa giornata, che suona drammatica e con una forte richiesta di priorità, anche guardando cosa accade in alcune fasce del mondo, richiama quella classica dell’otto marzo: “Giornata internazionale della donna”, dove lo scopo è ricordare e celebrare i progressi ottenuti in campo sociale, economico, politico e culturale, ponendo attenzione ai percorsi ancora da attuare e alle lacune da colmare. In ambo i casi, l’obiettivo ultimo e determinante è una reale e concreta parità di genere, a tutti i livelli.

Ci sembra interessante, a questo punto, avere anche uno sguardo storico, e vedere cosa accadeva nelle società del passato in riferimento alla condizione femminile. Il quadro generale, un po’ ovunque e in ogni fase storica, vede la donna in una condizione subordinata, restando esclusa da molti diritti e dalla vita politica. Tuttavia ci sono dei distinguo che meritano di essere ricordati. Nell’era preistorica possiamo solo rifarci a deduzioni sulla base interpretativa di reperti. Interessante, e molto, è notare che nel periodo paleolitico sembrerebbe ci fossero schemi sociali con una discreta parità, talvolta a carattere matriarcale. Non dappertutto ovviamente. Sembra più probabile nel territorio che oggi è il Nord America. Anche nella cultura egizia dell’Età Antica le donne godevano di influsso sociale, perso successivamente.

Nell’Antica Grecia, che tanto ci ha dato culturalmente, basti pensare ai giganti del pensiero filosofico, il ruolo della donna è stato controverso, in un clima antropologico sostanzialmente maschilista. Ma hanno contribuito proprio i grandi filosofi, soprattutto Platone e Epicuro, nel rivendicare pari diritti e dignità. Ulteriori e positivi cambiamenti ci sono stati al tempo di Alessandro. Un periodo fertile di idee e rinnovamenti tali da influenzare una vasta area geografica, compresa la parte meridionale dell’Italia odierna. L’Impero Romano ha molto da raccontare sul ruolo delle donne e sulla considerazione nei loro confronti. Pur con delle differenze nei vari periodi e a seconda della classe di appartenenza, si può dire che vigeva una sostanziale parità di genere, al punto che la donna poteva anche chiedere il divorzio (almeno tra le classi più elevate) ed avere una propria indipendenza. Non sempre vero, come detto, e con delle limitazioni nei diritti.

Il periodo migliore per l’emancipazione femminile è stato quello di Augusto. Le donne, al pari di come intendiamo oggi l’indipendenza, potevano gestire patrimoni e curare i propri interessi e quelli della famiglia. Questo si era reso necessario anche  in funzione che molti mariti erano in territori lontani per via dell’espansione dell’Impero. Le cose sono nuovamente peggiorate nel periodo medievale, riportando la donna alla sottomissione maschile, prima quella del padre, poi del marito. Questo accadeva per l’influsso dei Longobardi, ma anche per la visione che la Chiesa aveva in quella fase, arrivando a delle assurdità come l’inquisizione che riteneva  la donna una possibile strega ogniqualvolta usciva dallo stereotipo, quello di madre e moglie devota. Ma la storia insegna che nulla è immutabile e l’universo femminile tornava a migliorare intorno al 1300 portandoci alle soglie del ‘700. Voltaire, ad esempio, con il suo illuminismo  aveva preso posizione a favore dell’uguaglianza tra i sessi.

La Rivoluzione francese probabilmente, nei sui molteplici risvolti, ha contribuito ulteriormente all’emancipazione femminile. Le donne prendevano parte alle insurrezioni e, successivamente, il loro ruolo era anche quello di operaie nelle fabbriche pur con un trattamento economico inferiore a quello maschile. Inoltre erano escluse dalla vita politica e non potevano votare. Ma era già l’era moderna, quella delle battaglie sociali che prendevano forza nell’800, sia in Europa che negli Stati Uniti. Si formavano i primi movimenti femministi con una certa risonanza anche in Italia, soprattutto nel ‘900, dopo la Seconda guerra mondiale. Oggi, l’articolo 3 della Costituzione italiana garantisce pari dignità e stessi diritti a uomini e donne, ma – come si diceva all’inizio – resta un gap di fatto che sta alle attuali generazioni saper colmare, riconoscendo, oltre che una parità concreta, un reale rispetto. Il punto cardine è saper vedere in ognuno un Essere Umano, prima ancora di distinguere tra uomo e donna.

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