di AMERICO MARCONI –
Al primo sole di Febbraio, il primo a fiorire è il mandorlo. Gli altri alberi ancora spogli, lui coraggiosamente fa spuntare, sui suoi boccioli protetti da una folta peluria, i primi timidi petali bianco rosa. Parliamo del Prunus amygdalus, un albero a foglia caduca, della famiglia delle Rosacee. E far parte di questa famiglia significa avere un fiore a 5 petali. Alto fino a 10 metri con la corteccia del tronco molto screpolata e di colore bruno. La mandorla è il suo frutto: una drupa che presenta la buccia (epicarpo) verde e pelosa e un endocarpo legnoso color marrone chiaro bucherellato, all’interno del quale ci sono due semi di colore marrone a polpa bianca. Il mandorlo può vivere più di un secolo, col tempo si screpola sempre più, fiorisce sempre meno e fa meno mandorle. Proprio come l’uomo.
Il mandorlo per questa sua fioritura è da sempre simbolo del coraggio e dell’amore. Iniziamo dal mito greco di Fillide e Acamante. Il valoroso Acamante, figlio di Teseo e Fedra, aveva cercato di riportare in patria Elena, rapita da Paride; per evitare la guerra tra Greci e Troiani. Purtroppo non ci riuscì. E i Greci giunsero armati e numerosi a Troia che cadde dopo dieci anni di assedio. Mentre la flotta ateniese faceva ritorno in patria la nave di Acamante naufragò sulle coste della Tracia. Il guerriero fu accolto dal re Sitone e dalla figlia Fillide. I due giovani presto s’innamorarono, ma giunse il momento in cui la flotta greca salpò verso Atene. Acamante promise a Fillide che sarebbe tornato prima possibile. Fillide attese anni e infine perse la speranza di rivedere il suo Acamante. E si lasciò morire. La dea Era commossa la trasformò in un mandorlo. Lo stesso giorno della morte e della trasformazione comparve una nave che puntò verso il porto: era Acamante che fedele tornava all’amata. Saputo l’accaduto corse verso la pianta e l’abbracciò piangendo. I nudi rami a quei singhiozzi furono scossi da un tremito e si riempirono di fiori bianco rosa, nonostante il mese ancora freddo. Ogni anno ripetono il prodigio per ricordare il loro amore.
Una visione simile l’ebbe il profeta Geremia, nell’Antico Testamento. In uno dei momenti più bui, quando ormai la speranza di ritrovare fede e sicurezza a Gerusalemme sembrava perduta, a causa del re di Babilonia che premeva alle porte della città, Dio chiamò Geremia e gli chiese:«Che cosa vedi Geremia?» e il profeta rispose:«Vedo un ramo di mandorlo». Mandorlo in ebraico si dice shaqued che significa il vigilante. Così Dio, risponde giocando sull’ambivalenza della parola: «Hai visto bene: io, infatti, vigilo (shoqued) sulla mia Parola per realizzarla» (Geremia 1, 11-12). Dio chiede a Geremia di non fidarsi delle apparenze e di arrendersi a Babilonia per avere salva la vita. Il mandorlo nelle Sacre Scritture è simbolo di nascita e resurrezione a dispetto di un panorama invernale, segnato da morte e distruzione.
Nel mondo cristiano, e in altre culture, la mandorla col suo guscio duro simboleggia l’interiorità nascosta all’esteriorità. Nel guscio si cela una promessa: il seme capace di generare una nuova vita. Ma solo chi ha avuto la capacità di guardare oltre ogni apparenza può scoprire la luce nuova. E tale è il messaggio dei dipinti medievali in cui una cornice a forma di mandorla circonda la Madonna o il Cristo. Oltre quel guscio c’è il lampo folgorante della speranza che riscriverà la storia dell’uomo, attraverso una nuova fioritura.
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