di PIER GIORGIO CAMAIONI (PGC) –
“Come sempre, il futuro si nutre di una consapevolezza chiara del passato”
(Marc Augé, Il bello della bicicletta, 2008) –
Due storie, ormai finite, di voglia di vivere con leggerezza ma utilmente. Dell’inglese più amata dai francesi, e dal francese più antropologo dei mondi contemporanei. Della bella e sottile attrice-cantante che dai palcoscenici, dal cinema e dai dischi passa all’impegno sociale e all’attivismo per cause umanitarie e sociali; del viaggiatore-esploratore del pianeta che passa agli studi filosofici, ai sogni architettonici delle nuove città e dei suoi abitanti, alla “surrealtà” dei non luoghi. Persone incontrate per caso per pochi attimi, ma da vicino, da “dentro”. La Birkin al 9°Festival Ferré 20 anni fa, Augé in uno degli ultimi Festivalfilosofia di Modena, per strada.
Seduta dietro in auto, Jane soffriva il caldo, ma io non sapevo far funzionare l’aria condizionata. Parlava ad intermittenza al telefono col regista di quel suo film, Boxes, che stavano girando in Bretagna, c’era qualche problema. Io guidavo, armeggiavo con le manopole e la guardavo nello specchietto. Lei ogni tanto di sponda guardava me: un po’ alterata per il caldo e per divergenze con quello là, quasi volesse sentirmi dire che aveva ragione lei, la tal ripresa non si poteva fare dall’acqua, non era naturale (?) con l’alta marea… [vidi il film 3 anni dopo, mi commossi a cercare “quella” scena, non la trovai]. Jane è stanca, dopo 100 chilometri mi chiede se l’hotel è vicino al teatro, se è fresco… e arrivati mi prega di aspettarla quinze minutes e d’accompagnarla – a piedi? sì a piedi – alle prove al vicino Calabresi. Merci! – poche parole, cinematografici sorrisi, gentilezza… acqua passata il forno dell’auto. Così per 300 metri con lei mi sento come Serge Gainsbourg e San Benedetto mi sembra Parigi. Alle prove lei sarà professionale, intransigente, attenta ai silenzi… come la sera la sua “voce tenue di cristallo” e il suo inalterato “profilo di perla” avranno ben più dei “pochi spettatori” che – per finta scaramanzia – si augurava Gennari, “pochi ma a uno a uno degni di meritarla”.“Le plus beau concerto est celui de ta voix” diceva Léo: sarà un concerto da leggenda.
É sera, fa ancora molto caldo a Modena quando ci spostiamo per andare all’ultimo evento poco lontano. Ceniamo e camminiamo, pescando dai sacchetti di carta dei “menu filosofici”, come fan tanti, buon cibo a poco – come la filosofia – e il gusto di mangiare-al-sacco. La strada quasi deserta, lampioni un po’ fiacchi, c’è quiete. Alziamo appena il passo quando lo intravediamo sull’altro lato, lo stavamo sorpassando: Marc Augé, l’inventore principale di Festivalfilosofia. Vestito un po’ pesante (da anziano), i capelli coraggiosamente bianchi, va lento, lento e attento: in una mano un libro o due, nell’altra il bianco sacchetto-viveri dei “menu filosofici”, pure lui! Lo salutiamo, gli chiediamo titubanti se ha bisogno di qualcosa… “oh, rien… merci… vado piano, ho tempo…”. Bonne nuit.
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